2016-10-18 16:30:00

I giovani più poveri. Lo Stato rinuncia al suo ruolo sociale


Dossier Caritas

Il 10,2% dei giovani italiani è povero. Gli anziani si aggrappano alla pensione. Ma attenzione. Per evitare un conflitto tra generazioni lo Stato deve tornare a creare benessere per i propri cittadini. 

La povertà in Italia

"Aumenta il numero dei poveri in Italia, spiega Federica De Lauso, sociologa tra i curatori del Dossier Caritas sulla povertà e il disagio sociale, ma se prima della crisi economica si parlava di una povertà relegata nelle aree del Mezzogiorno, in famiglie numerose, tra gli anziani, oggi accanto a tutto questo si aggiunge dell'altro. La povertà assoluta raggiunge le regioni del Centro-nord, dove risulta raddoppiata. Colpisce anche le famiglie numerose, con solo due figli. Colpisce le famiglie di disoccupati e quelle di sottopagati o sotto occupati. Ma l'elemento inedito che emerge da questo Rapporto è la povertà legata all'età. La povertà diminuisce al crescere dell'età. Se per gli over 65 la povertà resta al 4% della popolazione, per gli under 34 siamo sul 10,2%. 

Scontro tra generazioni?

"Diciamo, prosegue De Lauso, che la povertà degli anziani è rimasta stabile, comunque un dato non incoraggiante. Dare vita ad uno scontro generazionale non è appropriato ma bisogna intervenire sulle classi dei giovani adulti tra i 18 e i 40 anni, penalizzati dalla mancanza di lavoro". "Il dato è stato costruito mettendo insieme la statistica pubblica dell'Istat, alla quale abbiamo aggiunto i dati inediti raccolti dai centri di ascolto Caritas. Centri di ascolto che sono oltre 3mila su tutto il territorio nazionale, dove quotidianamente i nostri operatori e volontari incontrano i volti dei poveri". "Al Sud specialmente, gli italiani che frequentano i centri e le mense Caritas superano il numero degli stranieri. Il Sud, che in termini di povertà è messo peggio del Nord Italia, ha tassi di disoccupazione molti alti, con territori che non sono stati aiutati in questi anni di crisi economica". "Dai nostri centri fotografiamo un Sud che chiede più aiuto alle Caritas da parte di cittadini italiani. C'è richiesta di viveri, vestiti, accessi alle mense. Si richiede lavoro. Sussidi economici per il pagamento di bollette, affitti. E' un profilo di povertà diverso quello che intercettiamo al Sud, mentre al Centro-Nord i due terzi delle persone che chiedono aiuto sono stranieri". 

Lo Stato rinuncia al suo ruolo di regolatore sociale

"Purtroppo questa è la condizione che da tempo vediamo. Quello che raccogliamo, commenta Alessandro Rosina, docente di Demografia nella Facoltà di Economia dell'Universita Cattolica di Milano e tra i coordinatori del 'Rapporto Giovani' dell'Istituto Toniolo, è la conseguenza di ciò che non abbiamo seminato in anni di politiche sociali ed economiche. Abbiamo una clase politica, dirigente che va alla ricerca del consenso popolare immediato, e quindi non è attenta a costruire, con lungimiranza, le condizioni per il bene comune futuro. Alla fine diventa tutto un vicolo cieco dove tutto implode verso il basso, la condizione dei giovani e la crescita del Paese" "Attualmente diamo tutela a chi ha rendite e diritti del passato da difendere, mentre non è in grado di creare, parimenti, opportunità di chi è soggetto attivo, per creare benessere. Dobbiamo decidere se vogliamo essere un Paese che vuole gestire il declino e renderlo meno traumatico possibile, oppure diventare un Paese che vuole tornare a crescere". 

Mancano politiche per i giovani

"I giovani anzichè essere risorsa attiva per il Paese si ritrovano a fronteggiare rischi ed a rinchiudersi in difesa. Per questo, prosegue , restano più a lungo nella casa dei genitori. Rinunciano alla propria autonomia, a farsi una famiglia, non fanno figli e sopravvivono con l'aiuto della pensione dei nonni".  

Il 'Rapporto Giovani' dell'Istituto Toniolo di Milano

"Il Rapporto, afferma Rosina, dice come la maggior parte dei giovani abbia progetti importanti che vuole realizzare, mettersi in gioco, che ha voglia di spendersi per essere valorizzato, utilizzato al meglio rispetto alla loro formazione". "Ecco, noi dobbiamo considerare i giovani non solo come figli da proteggere, ma anche come soggetti attivi, cittadini, che incoraggiati nel modo giusto, sostenuti con politiche adeguate, possono diventare la risorsa che il Paese può mettere in campo per tornare a crescere". "La voglia nei giovani c'è. Servono politiche pubbliche adeguate per dare loro il segnale che l'Italia crede in loro e li mette nelle condizioni di dare il meglio nel loro contesto di vita, nel loro Paese. Questo segnale, però, non l'abbiamo ancora dato". 

 








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