2016-10-12 07:48:00

Cei un milione di euro per Haiti. Caritas: non dimenticare nessuno


Una massiccia risposta internazionale per far fronte alla distruzione provocata dall'uragano Matthew ad Haiti. A chiederla con forza il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon: servono, ha detto il Palazzo di Vetro, 120 milioni di dollari per coprire il fabbisogno del Paese almeno per il prossimo trimestre. Il servizio di Giada Aquilino:

Haiti rischia la carestia dopo la distruzione “apocalittica” dell'uragano Matthew, che avrebbe provocato almeno mille morti secondo le stime, pure se il bilancio ufficiale parla di 473 vittime. A lanciare l'allarme è Jocelerme Privert, presidente ad interim del Paese caraibico che denuncia pure l’esiguità degli aiuti arrivati finora. Dopo il devastante terremoto del 2010, il passaggio - il 4 ottobre - dell’uragano ha lasciato nuovamente il Paese in ginocchio, soprattutto le zone agricole del sud. Secondo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, almeno 1,4 milioni di persone necessitano di totale assistenza: villaggi quasi cancellati dalla carta geografica, riserve di cibo distrutte e almeno 300 scuole danneggiate. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sta inviando 1 milione di dosi di vaccino contro il colera: già 150 i casi sospetti. Ora il Paese si prepara ai tre giorni di lutto nazionale a partire da domenica, mentre è attesa in settimana una decisione sulle presidenziali inizialmente previste il 9 ottobre e rimandate a causa del disastro.

La presidenza della Cei ha stanziato un milione di euro per l’assistenza alle popolazioni di Haiti, affidando la gestione della somma a Caritas Italiana. Giada Aquilino ha intervistato il vicedirettore, Paolo Beccegato:

R. – Quest’uragano, oltre alle mille e forse più vittime, feriti e danni che ha provocato, ha veramente sconvolto un Paese che già usciva a fatica dal terremoto del 2010, dalla successiva emergenza colera e dai disordini interni ricorrenti. Per cui è una fase molto delicata, sia dal punto di vista materiale, sia per una sorta di psicologia collettiva, che a fatica vede speranza e forza di ricostruire. Quindi occorre un forte sostegno, non solo materiale, ma proprio di affiancamento a queste persone.

D. – In questo momento l’emergenza più grande qual è?

R. – La preoccupazione è di nuove pandemie, a partire dal colera. E poi il fatto che le comunità sono parecchio frantumate, come pure i territori agricoli: noi avevamo investito molto nel passato su questo settore. Purtroppo anche molti animali sono morti o le stalle sono state distrutte. Per quanto riguarda i silos, i magazzini, gran parte di questi ha perso almeno la copertura, perché le coperture delle costruzioni sono state molto danneggiate. Ci sono dunque grandi rischi di deperimento di materiali, di stock, di riserve. Occorre veramente un grande sforzo di tutta la comunità internazionale; non può essere sufficiente quello che possiamo fare noi, le Chiese locali, ma serve un grande coinvolgimento di tutta la comunità internazionale. Perché era un Paese che, tutto sommato, poteva veramente incamminarsi verso un futuro di sviluppo e di ricostruzione. Ecco – veramente – che questo non sia il colpo finale per il Paese più povero delle Americhe, ma che possa esserci una comunità internazionale attenta e attiva.

D. – Questo è anche un po’ l’appello dell’Onu, per una risposta internazionale “massiccia”. La Caritas gestisce il milione di euro stanziato dalla presidenza della Cei. Come? Quali sono i progetti?

R. – Noi abbiamo sviluppato in questi anni contatti con tantissime realtà, con le Chiese locali e in senso anche più ampio per coprire un po’ tutto il territorio. Siamo stati molto attivi nelle zone colpite dal terremoto: le dieci diocesi, tutte le parrocchie, le zone anche più lontane e interne le conosciamo bene e c’è un legame – una rete – molto fitto, molto capillare. L’attenzione è quella di non dimenticare nessuno; non concentrarsi solo su Port-au-Prince, sulle grandi città, ma dedicarsi ai villaggi più sfavoriti, più dimenticati.

D. – Quindi avete già una scala di emergenza in base alla quale intervenire?

R. – Sì, Caritas Haiti ha già fatto un primo piano di intervento immediato per dirci i vari bisogni emersi. Stiamo facendo una prima lettura complessiva del territorio. Allocare un milione di euro sarà molto veloce, bisognerà stabilire le priorità.

D. – Ci fa un esempio di queste priorità?

R. – C’è sicuramente la parte sanitaria che va tenuta sotto stretta osservazione e, negli anni, lo abbiamo fatto molte volte, soprattutto dopo il colera del 2011-2012. E poi la priorità è quella di ripristinare i tetti, perché senza il tetto tutto si deperisce. Quindi abbiamo già un elenco di stalle, magazzini, ma anche proprio dei centri comunitari dove si facevano le varie attività: gran parte di questi sono con il tetto danneggiato o addirittura direttamente scoperchiato. Poi c’è la parte agricola, quella delle zone un po’ più remote e dimenticate. Anche lì ci segnalano la perdita di animali: alcuni agricoltori e allevatori sono disperati. E quindi, la priorità è quella di trovare i casi più deboli: ad esempio chi si era già indebitato o aveva già delle difficoltà familiari e sociali pregresse, che sono i casi su cui poi noi concentriamo la nostra attenzione.








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