2016-10-11 14:13:00

Progetto Stop Tratta per aiutare i giovani a non emigrare


Il 3 ottobre del 2013 il terrificante naufragio di un barcone carico di immigrati – prevalentemente eritrei - provocò la morte di 366 persone. Il natante era salpato dal porto libico di Misurata ed era condotto da un pregiudicato, già espulso dall’Italia. Poche settimane prima di qiella dalla tragedia, Papa Francesco intraprese il suo primo viaggio in Italia recandosi proprio a Lampedusa per portare conforto alle migliaia di migranti sopravvissuti al viaggio, pregare per le vittime del naufragio e lodare lo spirito d’accoglienza degli abitanti dell’isola. Il 3 ottobre 2016, l’Italia ha celebrato la prima Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, una giornata istituita il 16 marzo 2016 proprio per commemorare il naufragio di Lampedusa.

La rete dei trafficanti

Nonostante gli sforzi delle polizie internazionali per limitare la capacità operativa delle reti di trafficanti, le rotte della tratta attraverso il Mediterraneo e lungo le direttrici africane continuano ad essere affollate. E’ per questo motivo che le Missioni don Bosco e il Vis – Volontariato Internazionale per lo sviluppo - hanno avviato nel 2015 il progetto Stop Tratta.

Stop Tratta

Con il progetto “STOP TRATTA” - spiega Gianpietro Pettenon, direttore delle Missioni don Bosco – abbiamo voluto ampliare il nostro impegno in favore dei giovani di Etiopia, Ghana, Costa d’Avorio, Nigeria e Senegal, offrendo loro delle start-up di impresa, in grado di dare un’alternativa di vita. Lo scopo del progetto è quello di cercare di fermare il fenomeno emigratorio dovuto a motivi economici.

I pericoli del viaggio

Inoltre, prosegue Giampietro Pettenon, cerchiamo di informare i giovani di questi paesi circa i pericoli di un eventuale viaggio verso l’Europa attraverso i canali offerti dai trafficanti. Quasi nessuno di loro ha mai visto il mare o conosce i rischi di un viaggio nel deserto. Se poi sono giovani donne il rischio di subire violenze di tutti i tipi aumenta notevolmente.

La vergogna del fallimento

I pericoli della tratta tuttavia non riguardano soltanto i viaggio verso l’Europa, moltissimi sono i pericoli legati agli spostamenti intra-africani e anche in questo contesto i rischi di insuccesso sono molto alti. Chi fallisce e sopravvive però è condannato a una sorta di autoesilio, tanta è la vergogna e la frustrazione per avere fallito il proprio progetto migratorio e avere quindi mancato di fronte alle aspettative della comunità.

Le responsabilità dell’Europa

Ma non basta l’impegno in Africa di un progetto come Stop Tratta se non interviene un radicale mutamento nella percezione del fenomeno migratorio a livello istituzionale e di opinione pubblica in Europa. Se da un lato, infatti, il primo elemento deve essere quello del coinvolgimento emotivo di fronte alla sofferenza dei migranti, dall’altro è necessario prevedere meccanismi efficaci per impedire che si speculi sulla loro pelle.

(a cura di Stefano Leszczynski)








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