2016-10-10 14:00:00

Papa contro condanne a morte: non c'è pena valida senza speranza


“Non c’è pena valida senza speranza!” è il tweet pubblicato da Papa Francesco in occasione della quattordicesima Giornata mondiale contro la pena di morte. Il 22 giugno scorso il Papa aveva affermato che "la pena di morte è inammissibile, per quanto sia grave il reato commesso dal condannato. È un affronto all’inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull'uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa (...). Essa non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta. Il comandamento 'Non uccidere' ha un valore assoluto e riguarda sia l'innocente e il colpevole” (Videomessaggio al Congresso mondiale contro la pena di morte). Secondo Amnesty International, 140 Paesi, ovvero i due terzi degli Stati mondiali, hanno abolito la pena capitale, per legge o nella prassi, ma allo stesso tempo sono almeno 20 gli Stati che la usano per reati di terrorismo senza però ottenere una diminuzione dei crimini. Elvira Ragosta ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

R. – E’ una brutta esperienza, quella degli ultimi anni, in cui vediamo governi – penso all’Iraq, al Pakistan e ad altri ancora – che aumentano e in alcuni casi addirittura ripristinano la pena di morte, ma quel che è più grave è che aumentano le esecuzioni per reati di terrorismo, come se si volesse sfidare la lezione che la storia ha finora consegnato e cioè che la pena di morte non ha un deterrente particolarmente superiore rispetto ad altre pene quando si ha a che fare con qualunque reato e in particolar modo con i reati di terrorismo. Eppure si è presa questa scorciatoia irresponsabile, fatta di processi sommari, di prove estorte con la tortura, nella falsa speranza che impiccare qualche decina oppure qualche centinaia di persone serva a sconfiggere il terrorismo, senza però affrontarne le cause di fondo. Cito il caso del Pakistan, perché è la novità in negativo di questi ultimi anni: il Pakistan ha reintrodotto la pena di morte alla fine del 2014 e da allora c’è stata una media di una esecuzione ogni due giorni. Però io ricordo quel tragico avvenimento, quel massacro che ci fu nella Pasqua scorsa a Lahore, con una festa di famiglia, di bambini, molti dei quali cristiani, che festeggiavano la Pasqua: come a dire nel modo più tragico possibile che quando si minaccia la pena di morte per terrorismo, non ci sono persone che stanno a sentire…

D. – Quanti sono gli Stati che applicano ancora la pena di morte nel mondo?

R. – Sono 58 quelli che ce l’hanno in vigore, ma di questi circa la metà la applicano. Se vogliamo definire dov'è l’emergenza pena di morte, il numero dei Paesi si riduce ancora di più ed è quasi costantemente legato ad una parte di mondo, che è quella del Medio Oriente, dell’Asia: penso alla Cina, penso al Pakistan, all’Iran, all’Iraq e all’Arabia Saudita… Rimane il problema della pena di morte negli Stati Uniti, anche se per la prima volta da quando è stata reintrodotta i sondaggi ci dicono che i favorevoli sono scesi sotto il 50 per cento e anche se la Corte Suprema sta analizzando una serie di ricorsi riguardanti il metodo dell’esecuzione, giacché i farmaci per l’iniezione letale sono uno su tre completamente esauriti e non c’è azienda europea che voglia rifornirli…

D. – Ci sono, poi, 140 Paesi al mondo che hanno abolito la pena capitale per legge o anche solo nella prassi e si tratta dei due terzi degli Stati mondiali. Allora quanto e come il loro esempio può influire su quelli che ancora la applicano?

R. – Sarebbe importante che influisse. Il punto è che – sebbene abbiamo superato quella soglia di grande importante dei 100 Paesi completamente abolizionisti; sono 103 oggi – mancano ancora degli esempi importanti. Io credo che sarebbe fondamentale per quanto riguarda l’Asia, che Paesi come l’India cessassero di mettere a morte le persone: lo fanno raramente e quindi potrebbero cessare senza che nel Paese accadesse nulla… Penso al Giappone e naturalmente penso agli Stati Uniti, che potrebbero avere una influenza importante. Resta il fatto che tra i Paesi più popolosi al mondo, in Cina e anche in India, la pena di morte è applicata e questo è un problema di natura qualitativa: il numero dei Paesi che mantengono la pena di morte è scarso, ma al loro interno ci sono Paesi di grande influenza.

D. – In occasione di questa Giornata, Papa Francesco oggi pubblica un tweet in cui scrive: “Non c’è pena valida senza speranza”. Il Santo Padre si è più volte espresso contro la pena capitale, sottolineando il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, che appartiene anche a chi ha commesso un crimine. Dunque la speranza anche per il reinserimento sociale…

R. – E’ un messaggio di straordinaria importanza! La pena di morte è la punizione più estrema, crudele, degradante, inumana: è quella che toglie speranza sin dal giorno della condanna. Quindi ribadire che non esiste una punizione che sia priva della speranza in una Giornata come quella di oggi è di una importanza fondamentale.








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