2016-10-07 13:48:00

Mons. Santoro: lo sport non promuova il gioco d'azzardo


Nella serata di Italia-Spagna disputata ieri sera al ‘Juventus Stadium’ di Torino per le qualificazioni  al Mondiale di calcio 2018 (1-1,ndr) sulle maglie della Nazionale non c’era il logo dello sponsor Intralot, multinazionale concessionaria per il gioco d’azzardo legale in Italia. Dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Figc afferma come “accordi di questo tipo non prevedono alcun logo sulla maglia, che rimane del tutto pulita, come da regole Fifa, e neppure sulle tute”. Luca Collodi ne ha parlato con l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione Cei per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace.

R. – Questa notizia sullo sponsor della Nazionale mi addolora e mi preoccupa non poco. I valori che lo sport dovrebbe trasmettere sono ben altri. E se è già discutibile che alcuni calciatori famosi siano protagonisti di spot che promuovono il gioco d’azzardo, sarebbe ancora più discutibile che la Nazionale di calcio italiana, nella quale si identificano tante persone, adottasse un simile sponsor.

D.- Perché è discutibile uno sponsor che promuove il gioco d’azzardo legale, mons. Santoro?

R.- Noi conosciamo i fatti: già la consulta nazionale antiusura, guidata da mons. D’Urso, aveva denunciato che il 50% dell’azzardo è collegato all’usura e che il fenomeno è in continuo aumento. Le 28 fondazioni antiusura, riunite nella consulta delle associazioni aderenti al cartello “Insieme contro l’azzardo”, hanno già segnalato al Presidente del Consiglio Renzi e al Presidente della Repubblica, Mattarella, i gravi rischi sanitari, etici e morali, causati dalla diffusione di tali giochi e di giochi online. E poi, c’è un altro fenomeno: che sono per lo più le persone in difficoltà economica quelle che si affidano al gioco e aggravano così la loro posizione, sovraindebitandosi. Quindi, la gravità del fenomeno – sia per l’impatto sulla salute pubblica, sia per gli aspetti negativi sull’economia, personale e familiare, e del Paese - non può in nessun modo essere legittimato. Non va poi trascurato l’aspetto sanitario, in quanto il fenomeno della dipendenza dal gioco assume i connotati di una vera e propria patologia, dai rilevanti costi sociali. Io mi auguro che, chi di competenza, possa mettere riparo a quella che ritengo una scelta sconsiderata.

D. – E’ auspicabile un passo indietro della Federazione Italiana Giuoco calcio?

R. – Secondo me, è necessario, perché è come avallare una fonte di sofferenza sociale, di dolore: perché noi siamo a contatto con le famiglie che hanno persone coinvolte nel gioco, ed è un dramma grandissimo! E poi, sul fatto che già altri Paesi abbiano adottato questo sponsor, come qualcuno dice, non toglie affatto l’immoralità e la pericolosità sociale della cosa.








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