2016-10-05 19:04:00

L'Onu dichiara Aleppo Est zona assediata. Raid nel nord: 18 morti


In Siria si registra l’ennesimo grave bombardamento su Aleppo, mentre 18 persone sono morte e una quarantina sono rimaste ferite in un raid, forse compiuto dai jet di Ankara, sul villaggio curdo di Tathana. L’Onu condanna; diverse Ong puntano il dito contro le operazioni di Mosca nel conflitto. L’Ue intanto afferma di essere a lavoro per una soluzione politica. Cecilia Seppia

"Crediamo fortemente che non ci sia una soluzione militare al conflitto e per questo stiamo lavorando con tutti i partner per rimettere il processo politico sui binari". Poco dopo le parole del capo della diplomazia europea Mogherini  su Aleppo cadono nuove bombe e un attacco aereo turco su un villaggio a maggioranza curda nel nord della Siria provoca morti e feriti. Intanto da Msf arriva una denuncia contro Mosca e le truppe siriane responsabili dei raid indiscriminati che hanno colpito e distrutto negli ultimi giorni 4 ospedali e una banca del sangue sempre ad  Aleppo, dove la condizione della popolazione superstite si aggrava di ora in ora e in molti stanno tentando una fuga disperata. L’Onu dichiara ufficialmente Aleppo Est "zona assediata" poi rinnova l’appello a fermare le uccisioni e pubblica i primi risultati di un’inchiesta, partita in seguito all’attacco del 19 settembre contro i suoi convogli di aiuti umanitari che uccise venti persone e distrusse 18 dei 31 camion: stando alle immagini satellitari si tratterebbe di un raid, forse compiuto dai jet russi. Il Cremlino non pare disposto a passi indietro e anzi rafforza ulteriormente la sua flotta nel porto di Tartus con due navi lanciamissili, ma una nuova telefonata tra il segretario di Stato ameicano Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov, riaccende le speranze quanto meno per una tregua, anche se in molti dopo lo stallo dei contatti parlano di “guerra fredda”.  Domani a Mosca arriverà il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault per discutere proprio la questione dei bombardamenti, venerdì invece sarà a Washington. Parigi da giorni preme per un cessate il fuoco. L’Is intanto sembra perdere terreno: secondo i ribelli filo-turchi tra 48 ore i jihadisti potrebbero essere fuori da Dabiq.

In molti dunque parlano di nuova guerra fredda in seno al conflitto siriano tra Usa e Russia. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Fulvio Scaglione, esperto di politica internazionale:

   

R. – E’ una guerra naturalmente che, come tutte le guerre contemporanee, non viene combattuta in casa dell’uno o dell’altro contendente, viene combattuta in casa d’altri, in casa di terzi, e infatti si chiama “guerra per procura”. In questo caso, gli Stati Uniti e la Russia si impegnano con gran parte dei loro mezzi, ed è una guerra in cui molta gente muore.

D. – Il gelo tra Stati Uniti e Russia continua, dunque, ad avere delle ricadute disastrose sulla situazione umanitaria. A questo punto l’Onu, in prima persona, non dovrebbe muoversi con una certa decisione?

R. – Sì, dovrebbe. La situazione umanitaria di Aleppo naturalmente sta peggiorando a vista d’occhio, perché è una situazione ormai diventata fotocopia in grande di quello che accade regolarmente a Gaza tutte le volte che c’è una guerra, e cioè: chi bombarda – gli israeliani – va con la mano pesante; chi viene bombardato – i miliziani islamisti di Hamas – non fa nulla per distinguersi dalla popolazione civile, sulla quale ricade così tutto il peso dei conflitti e dei combattimenti.

D. – In questa fase di stallo diplomatico, sembrano aprirsi le strade per altri tentativi negoziali. Che probabilità di riuscita ci sono?

R. – Io credo che le probabilità siano scarse, nella misura in cui i protagonisti di queste crisi non esprimono in prima persona la buona volontà di trovare una composizione. Sono i contendenti principali che devono esprimere la volontà di trovare una composizione politica, altrimenti temo che gli altri possano fare davvero abbastanza poco.

D. – Tra un mese le presidenziali americane: potrà cambiare qualcosa nei rapporti tra Washington e Mosca?

R. – Se diventerà presidente degli Stati Uniti Hillary Clinton, io credo che non cambierà nulla e magari qualcosa potrà peggiorare. La Clinton, come peraltro Obama, ha un asse di ferro con i sauditi e con le petro-monarchie del Golfo Persico, che sono tra i principali promotori e sostenitori dell’estremismo islamico nel mondo. D’altra parte, la politica di Mosca, come abbiamo visto su tutti i fronti, con l’Ucraina, con la Siria, è una politica di confronto totale, nel senso politico del termine. E’ chiarissimo, però, che la Russia di Putin ha tirato una linea oltre la quale non è disposta a far passare nessuno. Queste certamente sono le condizioni preliminari per una brutta situazione e speriamo che non diventi bruttissima.








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