2016-10-01 10:07:00

L'impegno della Chiesa georgiana per i più bisognosi


La presenza cattolica in Georgia seppur di minoranza è molto attiva e apprezzata in ambito culturale ma soprattutto in opere di carità. Il Papa le ha incontrate a Temka, periferia di Tbilisi: circa 600 persone, volontari medici e assistiti lo accoglieranno davanti al Poliambulatorio dei Camilliani Redemptor Hominis. Al microfono di Gabriella Ceraso il direttore del Poliambulatorio, il padre camilliano Pawel Dyl:

R. - In Georgia per un certo periodo la sofferenza si viveva come un castigo dato da Dio. Noi vogliamo cambiare questa mentalità, perché la sofferenza che incontra il Buon Samaritano può cambiare la vita di entrambi. Allora il messaggio di Papa Francesco - che mette sempre i malati in prima linea quando dice che loro sono il cuore della Chiesa  - è un messaggio che vogliamo trasmettere a tutto il popolo georgiano perché è difficile portare la croce propria, ma è ancora più difficile quando la Croce viene legata al castigo di Dio. Questa è una follia, un’eresia! Noi vogliamo far passare questo messaggio evangelico che Dio è buono, è sempre accanto alla persona che soffre e soffre insieme alla persona sofferente.

D. - Quanto riuscite a fare per la popolazione?

R. - Ci sono tante aree ancora abbandonate dove vogliamo arrivare. Ultimamente abbiamo cominciato a servire i malati nella regione del Sud, ma ci accorgiamo che questo grande mare di misericordia del quale parlava San Camillo è ancora da diffondere, da esplorare; c’è ancora tanto, tanto, tanto da fare.

D. - Che volti ha la sofferenza che voi incontrate?

R. - Il volto dell’abbandono, del disprezzo, del disinteressamento. Ma vediamo anche i volti felici delle persone che dopo tanti anni di isolamento, di abbandono si sentono veramente umane. Quando i nostri assistiti, i ragazzi disabili ritornano da noi provano tanta gioia perché, stando qui con noi, lavorando, imparano tante cose.

D. - Oltre alla cura proprio ambulatoriale, a domicilio, diurna che offrite c’è anche una formazione che svolgete?

R. - Noi vogliamo formare i nostri operatori sanitari nella nuova Scuola di Carità di San Camillo. E allora sottolineiamo sempre che il malato è Gesù Cristo; il popolo georgiano è molto religioso e per loro capire che il malato è Gesù Cristo è molto importante. Mi ricordo un incontro di formazione: dopo aver finito un prete ortodosso mi ha detto: “Io non ho mai sentito che Gesù è proprio quel malato”. Poi facciamo diversi corsi di aggiornamento per i fisioterapisti, per terapisti occupazionali logopedisti, ma soprattutto cerchiamo di fare formazione soprattutto con la nostra vita.

La cura domiciliare tra gli strati sociali più poveri: è questa l’attività più diffusa tara i tanti volontari che in Georgia affiancano i diversi religiosi nelle opere di carità. Un ruolo delicato e impegnativo, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso, Daniele Mellano giovane torinese che ha lasciato la sua città per servire gli ultimi:

R. – I camilliani hanno cominciato ad accogliere e a prestare assistenza sanitaria attraverso il poliambulatorio, e poi andando a domicilio per raggiungere quelle persone che non avrebbero potuto altrimenti uscire di casa per motivi di salute. E questo è espressione assolutamente del carisma camilliano. Quando ho cominciato questo servizio, il regime comunista era caduto da cinque anni; quindi la situazione era veramente gravissima, di povertà e miseria assolute.

D. – Cosa significa andare nelle case? Che realtà trovate?

R. – Io sono un semplice operatore socio-sanitario. Ho lavorato in ospedale a Torino e la situazione di lavoro è diversa rispetto a queste prime linee dell’assistenza domiciliare. Ci sono pochi strumenti: le mani, la propria fisicità, il mettersi a disposizione veramente con poco. E questo era quello di cui io, anche personalmente, avevo bisogno: riscoprire un po’ la solidarietà, mettermi a disposizione.

D. – Daniele, quando il Papa dice: “La misericordia non è una bella idea, ma è sempre un’azione concreta”…

R. – Assolutamente, perché attraverso il servizio rimane solo l’essenziale.

D. – Concretamente che cosa fate a domicilio?

R. – Abbiamo situazioni diverse. Con le persone allettate arriviamo al mattino e aiutiamo i familiari; in alcuni casi ci affianchiamo a loro, in altri il nostro compito è quello di mostrare loro come si deve fare. Abbiamo visto anche tanta meraviglia, in alcuni casi, da parte dei familiari nel vedere come noi prestavamo aiuto ai malati. Con una presenza costante, settimanale anche il loro atteggiamento nei confronti del parente è cambiato!

D. – Il Papa spesso dice che “noi cristiani non possiamo permetterci di voltarci dall’altra parte”, cioè di non vedere: esiste questa "cultura dello scarto" in Georgia?

R. – Sì, esiste. Sicuramente il nostro è un credo di fraternità, condivisione e compassione: quello che avete fatto al più piccolo lo avete fatto a me. E questo forse qui non è così sviscerato. La gente non ha tanti strumenti e non è forse molto accompagnata a sviluppare questi aspetti molto concreti. La mistica camilliana, secondo me, è la più alta possibile, perché più del servizio non ci può essere.








All the contents on this site are copyrighted ©.