2016-09-28 17:38:00

Reddito d'inclusione sociale, Cisl: rilanciare il ddl


Oltre quattro milioni e mezzo di famiglie italiane versano in stato di povertà assoluta. Un dato allarmante denunciato oggi al seminario organizzato dalla Cisl, a Roma, per discutere e approfondire il disegno di legge sulla povertà e sull’inclusione sociale. Il testo è stato approvato, lo scorso luglio, dalla Camera e si trova fermo al Senato in attesa del dibattito in aula. Particolare importanza viene riconosciuta all’emendamento che introdurrebbe il reddito di inclusione per le fasce meno abbienti. L'iniziativa, promossa dalla Cisl, mira a rimettere in moto il dibattito e l'attenzione pubblica sul disegno di legge. Il servizio di Daniele Gargagliano:

Potrebbe essere la settimana cruciale per la discussione, in Senato, del disegno di legge sulla povertà e sull’inclusione sociale. All’interno della misura è prevista l’introduzione del reddito d’inclusione sociale: un sostegno economico fornito alle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta. I richiedenti dovranno avere un Isee inferiore a 12.000 euro. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha confermato la copertura economica per il piano nazionale di lotta alla povertà proprio di fronte la platea raccoltasi al seminario della Cisl. I fondi stanziati sono 750 milioni di euro per il 2016 (già inclusi nella prossima legge di stabilità) e 1 miliardo negli anni successivi da destinare, innanzitutto, a famiglie con minori a carico. L'obiettivo, dal 2017, è quello di creare un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà correlata alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia assoluta di indigenza. Già quest’anno è partito in via sperimentale il Sia: sostegno per l’inclusione attiva per le famiglie con minori a carico o almeno con un disabile. Il beneficio mensile massimo di questa misura ammonta a 400 euro, a seconda del nucleo familiare. Negli ultimi 15 anni, denuncia la Cisl, il welfare italiano ha subito numerosi contraccolpi a causa delle politiche di risanamento dei conti e per via della crisi economica. I dati forniti dal sindacato dicono che l’indice di povertà assoluta è raddoppiato dal 2007 al 2015: siamo passati dal 3,5% al 6,1%. Tra i nuovi poveri anche 1 milione e 131 mila minori. Metà degli indigenti vive nel Mezzogiorno: 2.084.000. Sul disegno di legge per il reddito di inclusione sociale, il commento del segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan:

R. - Finalmente siamo arrivati al tema della inclusione sociale, che per noi è fondamentale! Dare dignità agli uomini e alle donne del Paese significa non solo sostenerli nel reddito quando sono nello stato di povertà, di disagio, ma creare un percorso affinché siano cittadini a tutti gli effetti. E quindi l’inclusione sociale è il percorso giusto. Questo si fa attraverso una grande alleanza tra tutti i soggetti pubblici e privati, ma anche tra le istituzioni stesse. Bisogna che questo - il diritto all’inclusione - diventi un diritto universale nel nostro Paese. Non possiamo avere delle differenze così marcate da regione a regione: ci vuole una qualità dei servizi di inclusione che sia da Trento a Palermo.

D. – Il sistema reggerà, appunto, anche con un piano più a lungo termine e non solo con fondi che vengano finanziati ogni anno?

R. – E’ assolutamente necessario un piano a lungo termine, anche rispetto al finanziamento e quindi alle risorse.

In termini di rilancio di un'inziativa collettiva che coinvolga il mondo laico e cattolico per una politica attenta all'inclusione sociale e alle fasce dei più deboli, si è espresso il direttore generale della Caritas italiana, don Francesco Soddu:

R. – Certo, noi ci siamo come attenzione ordinaria della Caritas, che porta quindi la voce della Chiesa. Il mondo delle povertà è un mondo che ci appartiene: lì vi è la parte che più merita attenzione dell’uomo e dell’umanità. Se si perde questa fascia, si perde praticamente tutto dell’uomo e dell’umanità. L’attenzione alla partenza del Sia è molto importante: è un primo passo affinché si possa comprendere che, attraverso il coinvolgimento successivo che dovrà certamente essere colto, dell’intera comunità umana si può effettivamente supporre che un welfare sia possibile. Senza questo, basandosi semplicemente sulle risorse economiche, tutto si perde comunque…

D. – Anche Papa Francesco ha parlato, numerose volte, dell’importanza della difesa dei più umili. Quanto è possibile realizzarlo con questo tipo di iniziative? E cosa serve ancora per la difesa degli ultimi?

R. – Serve la compartecipazione di tutte le parti. Da questo si può anche capire che è possibile la ripresa sia dell’economia italiana, parlando dell’Italia, sia anche della valenza e della democrazia in Italia.

D. – Qual è lo stato delle cose rispetto alle fasce più deboli della popolazione? Può fornirci una fotografia di questo scenario?

R. – Secondo me, anche sentendo questa mattina i miei collaboratori che girano per l’Italia, il problema è questo: la disattenzione alla persona in quanto tale, che è considerata semplicemente fruitrice di risorse economiche - laddove vi sono - oppure depositaria di un rifiuto da parte degli altri, ovvero ciò che noi diciamo essere l’indifferenza. Io credo che questa sorta di inghippo sia ancora da superare. Tutti siamo chiamati ad essere coinvolti in un mercato di ripresa e non soltanto dell’economia ma anche dell’umanità. I dati circolano intorno a questo e rischiano di affondare nella misura in cui non sono prese in considerazione queste attenzioni Attenzioni che io ritengo fondamentali e senza le quali non si va da nessuna parte, anche se si dovessero avere delle risorse, che comunque auspichiamo siano importanti. 

Strutturare un vero e proprio terzo pilastro del welfare, accanto alla previdenza e alla sanità anche quello sociale inclusivo, orientato a garantire il contrasto alla povertà. Questo l'appello lanciato dal primo organizzatore del seminario, il segretario confederale Cisl, Maurizio Bernava:

 
 

R. – Chiediamo di potenziare l’azione finanziaria per vederla in maniera pluriennale e per evitare che sia il classico intervento annuale parziale e sganciato. Soprattutto chiediamo di rafforzare l’impianto dei servizi: i servizi per la famiglia, per il lavoro, i servizi all’infanzia e quelli sanitari - e quindi il Sia (Sostegno per l’Inclusione Attiva). E si deve fare in modo che  il reddito inclusione diventi veramente la rampa di lancio perché sia un vero progetto di riforma sociale. Questo è lo scopo. Il Paese ne ha bisogno e noi vogliamo scuoterlo su questo: ha bisogno di ripensare, riorganizzare e strutturare il welfare e l’inclusione sociale. Questo deve basarsi su obiettivi prioritari, che sono il fabbisogno principale del Paese; strutture e servizi omogenei diffusi in tutto il Paese che devono diventare servizi essenziali, e che sono esattamente gli stessi del Sia. Quindi il ddl povertà e il Sia diventano un momento transitorio in una grande prospettiva. Noi vogliamo e concretamente chiediamo che il Paese investa nel settore. Intanto deve riflettere, perché si discute troppo poco di questo. Crescita, competitività, produttività e inclusione sociale devono essere parte di una unica strategia che impegna il Paese.

D. – Lei, giustamente, parla di un piano che non sia solo un cordone ombelicale per le fasce più deboli, ma che possa rappresentare un’occasione di rilancio. Trova che al momento l’opinione pubblica, e se vogliamo anche politica, sia ricettiva rispetto a queste istanze?

R. – L’opinione politica è distratta; anche se impegnata sul ddl povertà e il Sia è abbastanza distratta. E noi vorremmo invece implementare questa discussione. La società ha bisogno di testimonianze positive e noi cerchiamo di farlo insieme a tutto il mondo associativo. C’è bisogno di far capire alla società e alla politica che la crescita da sola non basta: serve un sistema di welfare e di inclusione sociale che vede protagonisti il governo, che dà indirizzi, controlla, accompagna gli enti territoriali ma anche il terzo settore – il volontariato – del territorio in un progetto condiviso che vada a potenziare i servizi, aumentare le risorse e strutturare il sistema. Dobbiamo chiudere con il welfare dell’emergenza che è troppo frammentato. Basta con fondi vuoti di risorse: servono progetti, a cominciare dai servizi di cura, alla famiglia, all’infanzia e per il lavoro.








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