2016-09-28 14:51:00

Rapporto Censis-Ucsi: sempre più italiani in Internet


Internet ha rivoluzionato la comunicazione: il 73,7% degli italiani usa il web e i consumi per mezzi tecnologici, come cellulari e computer, è cresciuto, dal 2007 al 2015, in piena crisi economica, del 190%. I dati emergono dal 13.mo Rapporto Censis-Ucsi "I media fra élite e popolo" presentato stamani a Roma. Un cambiamento che sfida i mezzi di comunicazione e incide sulla vita delle persone e delle istituzioni in modo decisivo. A intervenire tra gli altri alla presentazione, Vania De Luca, presidente Ucsi, Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale della Rai, Lorenzo Serra, direttore generale di TV2000, e Giuseppe De Rita, presidente del Censis. C’era per noi Debora Donnini:

La rivoluzione copernicana della comunicazione. E’ la fotografia scattata dal rapporto Censis-Ucsi sul fenomeno che sta investendo mezzi di comunicazione, istituzioni, economia e rapporti fra le persone. Due sono i cambiamenti strutturali: si moltiplica l'integrazione fra i diversi media e si personalizzano i palinsesti, tanto che ciascuno costruisce il proprio, secondo tempi e interessi. Una sfida dunque per i mezzi di comunicazione. Se la televisione rimane quello più diffuso, coprendo quasi la totalità della popolazione italiana, aumenta il suo consumo su piattaforme online. Il primo mezzo di informazione restano i telegiornali ma solo per gli adulti. Per i giovani è invece Facebook, poi i tg, poi i motori di ricerca. Tiene la radio, che è un po’ un unicum, con l'83,9% degli italiani che l’ascolta, soprattutto in auto ma anche a casa. Aumentano gli ascoltatori che la sentono dai mezzi tradizionali e la crescita complessiva dell’utenza della radio da smartphone, nel periodo 2007-2016, è stata pari a un più 13,7%. Calano invece i quotidiani cartacei, mentre aumenta il numero di chi vi accede via web. Tengono settimanali e mensili. Il primato dei social spetta a Facebook.

Media e potere del singolo
Al centro della comunicazione c’è dunque sempre più l’individuo, con uso sempre più trasversale del sistema mediatico. Di fatto si viene sempre più a creare il fenomeno della disintermediazione, con una crescita del potere individuale delle persone, un accesso diretto a Internet per informarsi, per prenotare viaggi o acquistare beni. La fotografia scattata dal Rapporto propone una netta distanza fra i giovani e gli over 65. Se la quota di utenti di Internet under 30 è del 95%, è ferma al 31,3% quella dei più anziani. Stesso trend per l’utilizzo dei social e per il possesso dei tablet. Un dato interessante riguarda le donne: nel 2016 avviene un cambiamento centrale perché il numero delle donne che usa Internet sorpassa per la prima volta quello degli uomini con il 74,1% di utenza mentre fra gli uomini si registra un 73,2%. Ravvisato il rischio, con la disintermediazione, di creare un divario fra élite e popolo e dunque una sfiducia nelle istituzioni. Il Censis parla, in conclusione, di un era "biomediatica" caratterizzata dalla condivisione telematica delle biografie personali attraverso i social network, in cui soggetto e oggetto della comunicazione tendono sempre più a coincidere e di cui il selfie è in qualche modo l’icona.

Dal Rapporto Censis-Ucsi emerge dunque la centralità dell’individuo nell'universo delle comunicazione che non è più unidirezionale. Su questo aspetto fondamentale, Debora Donnini ha chiesto un approfondimento a Vania De Luca, giornalista di Rai News e presidente dell’Ucsi:

R. – Il quadro che emerge è quello di una frattura generazionale, con i giovani e gli anziani che sono sempre più distanti. I social network fanno parte della vita quotidiana, l’informazione evolve, così come ci dice il Censis, da un modello telecentrico a una concezione egocentrica. Si allarga quindi quel solco tra élite e popolo, laddove gli strumenti della disintermediazione digitale si collocano in una sorta di cuneo che si è venuto a creare e si prestano a de-costruire le diverse forme di autorità costituite. Io penso che il nocciolo di questa ricerca sia proprio questo: cambia l’idea di autorità e cambia anche l’idea della rappresentanza. E quindi qui non parliamo soltanto di "dieta" mediatica degli italiani che cambia, di società che cambia, ma parliamo di un mutato rapporto del cittadino con i suoi rappresentanti.

D. – Per esempio, un mutato rapporto – si diceva – con la politica, con le istituzioni europee…

R. – È così. Si tratta di una sfiducia nelle classi dirigenti al potere e di un rigetto delle istituzioni di lunga durata. Qui sto citando la parte del Rapporto che ritengo centrale. Questo si salda alla fiducia nel potenziale di emancipazione delle comunità, attribuito ai processi di disintermediazione resi possibili dalla Rete. Insomma, la Rete ci crea l’illusione che sia possibile un rapporto diretto con le cose, ma se si eliminano completamente quei gruppi intermedi, cambia l’idea di cittadinanza.

D. – E’ anche vero, però, che questa è una rivoluzione inarrestabile e che in qualche modo ha anche in sé, se ben sviluppata, un seme di democrazia molto forte…

R. – Sì, questo è vero. Si parla di era “biomediatica”, che è caratterizzata dalla trascrizione virtuale: si condividono telematicamente anche le biografie personali, il soggetto e l’oggetto della comunicazione tendono a coincidere. Sicuramente bisogna cogliere il positivo, non bisogna demonizzare i processi. Bisogna però guidarli, orientarli, capire dove portano, quali sono i rischi e fruire del potenziale positivo di tutto questo.








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