2016-09-28 14:50:00

Bimbo nato con Dna di 3 genitori, tecnica con rischi ignoti


E’ nato in Messico - si chiama Abrahim Hassan, è un maschio, ha cinque mesi, ed è di origini giordane - il primo bambino al mondo che ha il corredo genetico di tre genitori biologici. A dare la notizia è stato il "New Scientist". Il bimbo è stato concepito grazie a una nuova tecnica che sostituisce una parte del codice genetico della madre con quello di una donatrice, al fine di evitare la trasmissione di gravi malattie ereditarie. Nella fattispecie, la procedura ha sostituito i mitocondri difettosi della cellula uovo della madre, che soffre della sindrome di Leigh, con quelli di un’altra donna sana. I genitori del bambino sono stati sottoposti al trattamento genetico in Messico, dove non ci sono regole in materia. La tecnica è per ora approvata legalmente solo nel Regno Unito. La controversa metodologia pone diversi problemi sia di ordine scientifico, si tratta infatti di una tecnica sperimentale;  sia di ordine etico e antropologico come la frantumazione della maternità e del diritto all’identità. Su questi risvolti Marco Guerra ha raccolto il commento della prof.ssa Laura Palazzani, Ordinario di Filosofia del diritto presso l’Università Lumsa di Roma e vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica:

R. – Innanzitutto, è una tecnica in sé positiva, perché l’obiettivo è quello di prevenire una patologia e quindi impedire che il bambino che nasce possa portare in eredità la patologia della madre. Il vero problema è che non è una tecnica al 100% preventiva: è una tecnica sperimentale. Cosa vuol dire sperimentale? Vuol dire che noi non sappiamo, a oggi, quali sono i possibili benefici – cioè prevenzione della patologia – ma quali sono i rischi. Per “rischi” si intendono i danni che questa tecnica può provocare. Quindi, paradossalmente questa tecnica viene impedita per impedire la malattia, in realtà infatti questa tecnica potrebbe aggravare ancora più la condizione patologica del futuro bambino. I rischi sono, allo stato attuale dell’applicazione di questa tecnologia, imprevedibili.

D. – La quota del dna trasmessa dal donatore è  comunque minima, però. Parliamo in ogni caso di una frantumazione della maternità: guardando in prospettiva che cosa comporta questo?

R. – Questo comporta che non si sa quanto questa porzione di trasmissione genetica possa poi modificare l’identità genetica del bambino e comunque ovviamente la madre è una – colei che lo porterà avanti in gestazione e che lo accudirà – però, certo, ci sarà sempre anche un’altra referente genetica, che non è un’altra madre, ma certamente una donatrice. E’ un po’ il problema che è emerso anche con l’eterologa: con la donazione di un gamete esterno, c’è comunque un altro referente esterno che frantuma quell’unitarietà familiare e genitoriale che generalmente c’è nell’ambito della famiglia. Quindi, questo pone un altro problema.

D. – Mettendosi nella prospettiva del diritto del nascituro, ritorna la questione del diritto all’identità, del sapere chi si è e da chi si è stati generati…

R. – Il diritto di conoscere le proprie origini: questa è una questione di cui si sta discutendo molto a proposito dell’eterologa, ma che naturalmente ricade anche in questa dimensione, cioè la possibilità per il bambino che nasce di sapere come è nato, con quale tecnica, con quale modalit, ricostruire le sue origini… Ma questo per una duplice ragione: da un lato una ragione medica, perché è evidente che sapere come si è nati è importante per un medico, per sapere e per conoscere e diagnosticare eventuali patologie. Dall’altra, anche per una ragione di carattere psicologico-esistenziale, per poter ricostruire la propria identità biografica, cioè la propria identità anche dal punto di vista propriamente esistenziale.

D. – Quindi, il legittimo diritto di una coppia a cercare di generare un figlio non si concilia sempre con il rispetto della vita umana?

R. – Certo, il diritto dovrebbe essere sempre e comunque garanzia della relazionalità, della giustizia, cioè della pari dignità di tutti i soggetti che entrano in gioco in una relazione. In questo caso non solo i genitori, ma anche il bambino che nascerà e quindi i suoi interessi, i suoi diritti devono essere tenuti in considerazione: il diritto a nascere, il diritto a un’integrità fisica, il diritto alla ricostruzione della sua identità, il diritto ad avere due genitori… tutti diritti che evidentemente devono essere bilanciati. Oggi, quando si parla di questa tecnica, si pensa solo al diritto della madre a concepire, perché anche se è malata vuole trovare ad ogni costo la possibilità di concepire. Ed è legittimo, questo desiderio di maternità. D’altro canto, però, è importante bilanciarlo con quelli che sono i diritti di chi verrà a nascere, con questa tecnica.








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