2016-09-24 11:42:00

Messa ad Amatrice, mons. Pompili: non si creino deserti


E’ passato esattamente un mese dalla scossa di terremoto che lo scorso 24 agosto, alle 3.36 di notte, ha colpito il centro Italia provocando la morte di 297 persone, almeno 400 feriti, oltre 2700 sfollati e danni per circa 4 miliardi di euro. Oggi sono previste numerose iniziative per commemorare le vittime. Questa mattina il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha celebrato ad Amatrice una Santa Messa in suffragio di quanti hanno perso la vita nel sisma​. Amedeo Lomonaco lo ha intervistato:

R. – Ad un mese dal sisma ci siamo ritrovati insieme a pregare e a portare la Parola del Signore. Che ci dia la forza per affrontare con profondità e senza superficialità questo tragico evento. La superficialità è quella che rischia di separare la giovinezza dalla vecchiaia, l’istante dall’eterno mentre credo che questo tragico evento ci inviti ad essere sobri, vigilanti e lucidi. Ciò che ci attende non è posto solo nelle mani delle istituzioni che hanno promesso di fare presto e di fare bene, non solo nelle mani di coloro che concretamente opereranno fuori dai loro interessi per questo obiettivo, ma anche nelle mani di ciascuno di noi, per rendere questi luoghi - che sono stati già talora abbandonati - non più deserti. E credo che il segno più bello di questa speranza sia il battesimo che questa mattina abbiamo vissuto. Un battesimo che dà il senso del futuro nella fede e anche nella speranza condivisa.

D. – Anche perché il rischio maggiore è che tutti resti sospeso, cioè che si fermino le lancette a quell’ora drammatica delle tre e trentasei e che non si guardi avanti. Invece la speranza, la speranza cristiana, è quella che deve sorreggere anche in questi momenti così drammatici …

R. – La speranza è stata bene interpretata da una vignetta di Giannelli dove una bambina sposta la lancetta in avanti. Ci dice che proprio partendo dalle nuove generazioni, messe in grado di vivere, sarà possibile continuare il cammino. E questo è quello che muove, nonostante il dolore che permane nei cuori di tutti.

D. – Anche perché gli effetti più devastanti possono essere proprio quelli nei cuori delle persone …

R. – Certamente c’è da ricostruire il tessuto delle relazioni, degli affetti e anche della comunità. E’ un lavoro invisibile ma, in un certo senso, è simile a quello delle fondamenta che non si vedono ma sono poi quelle che decidono della tenuta o meno di fronte agli imprevisti della vita.

D. – Eccellenza, lei oggi ha abbracciato le popolazioni di paesi duramente colpiti dal sisma. Una popolazione che è in attesa di un altro abbraccio, quello del Santo Padre …

R. – Certamente! Siamo tutti in attesa che venga e, naturalmente, sarà un incontro che darà sostegno, vigore e fiducia a tutti. E veramente ce n'è bisogno. Per questo siamo tutti desiderosi di poterlo incontrare e abbracciare.








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