2016-09-24 12:31:00

Elezioni Giordania: avanti Fratelli musulmani e donne


Se i risultati parziali delle elezioni parlamentari svoltesi in Giordania martedì scorso saranno confermati, avverrà l’ingresso nel parlamento del Paese del movimento del Fratelli musulmani, che dovrebbero ottenere almeno 16 poltrone. Sembra avanzino anche le donne, con una rappresentanza femminile di 20 deputate contro le 18 della legislazione precedente. Per un commento su questi due dati, Roberta Barbi ha chiesto l'opinione del prof. Andrea Ungari, docente della Luiss e curatore dell’Atlante geopolitico mediterraneo 2016 del Cesi:

R. – Sono due dati sicuramente significativi di queste elezioni e forse costituiscono anche due trend del mondo arabo nel suo complesso. L’aumento della partecipazione femminile è un dato senz’altro significativo e positivo, ma anche questo è un trend che abbiamo visto in altre zone, in altre regioni: anche in Iran e nel Nord Africa c’è una partecipazione femminile, un mondo femminile che sicuramente è molto più attivo rispetto al passato. Per quanto riguarda i Fratelli musulmani – è evidente – anche questo è un trend: nel momento in cui ci sono state le prime elezioni libere in Egitto, la vittoria è stata, appunto, dei Fratelli musulmani. Quindi, è evidente che c’è una certa pervasività di questo movimento che, sicuramente, per certi versi può essere considerato pericoloso e in qualche maniera destabilizzante, ma, nel contempo, bisogna prendere in considerazione che i Fratelli musulmani sono molto impegnati nel sociale. Il loro successo politico nasce perché spesso, rispetto a regimi corrotti, sono molto legati al popolo, fanno servizi di assistenza alla popolazione, fanno del microcredito. È, quindi, un movimento che cerca di attirare consenso da parte della popolazione investendo però realmente nel benessere della popolazione stessa.

D. – Tre anni fa, in Egitto la cacciata di Morsi e la Fratellanza bandita e resa illegale. Anche nel Regno hashemita il movimento è illegale. Come è possibile allora questo ritorno?

R. – Il regime giordano è sicuramente uno dei regimi – prendendo il termine con le molle – più "liberali" che ci siano in Medio Oriente, sia per quanto riguarda il Maghreb, sia per quanto riguarda il Nord Africa, sia per quanto riguarda il Medio Oriente. La loro presenza credo sia dovuta a una serie di fattori, appunto, non solo a un radicamento dei Fratelli musulmani, ma anche alle difficoltà che la Giordania sta incontrando e di cui poco si parla. La Giordania, infatti, è effettivamente uno di quei Paesi, assieme al Libano, che rischia di più dalla crisi siriana. Noi molto spesso questo ce lo dimentichiamo, preoccupati per qualche centinaio o migliaio di profughi che vengono in Europa, ma in Libano e in Giordania c’è un’emergenza umanitaria, determinata dalla crisi siriana, che ha delle conseguenze non solo sulla struttura e sull’aspetto economico di questi due Paesi, ma che in qualche maniera favorisce anche, probabilmente, infiltrazioni all’interno della società giordana con elementi che magari possono venire anche dall’esterno o, comunque, possono influenzare gli orientali e ideologicamente la popolazione.

D. – In Giordania, il potere esecutivo resta nelle mani del sovrano. Secondo alcuni, vista anche la complessità della legge elettorale, la Fratellanza non supererà il 20% dei circa 130 seggi in parlamento…

R. – Questa previsione è senz’altro da considerare corretta. Il re resta comunque il garante della vita politica giordana e quindi a lui spetterà senz’altro l’ultima parola per quanto riguarda il quadro politico definitivo. Certo, non credo che sarà spaventato dalla presenza di 20 deputati all’interno del parlamento giordano della Fratellanza musulmana. Se la situazione resta così, dal punto di vista numerico non credo ci saranno problemi anche a consentire una rappresentanza della Fratellanza musulmana.

D. – In questa tornata elettorale c’è da registrare anche il dato della scarsa affluenza alle urne: appena il 36% sugli oltre 4 milioni di aventi diritto…

R. – Questo è un dato che è difficilmente decifrabile, dipende da tante variabili. Ci potrebbe essere una disaffezione nei confronti del quadro politico generale, dovuta appunto a una politica invece che non riesca a far fronte a queste problematiche di carattere economico e di carattere  sociale, che si stanno sviluppando in Giordania. Credo, quindi, che forse la motivazione sia soprattutto questa.

D. – È il primo voto dopo la "primavera araba" in un Paese che deve fare i conti con un debito pubblico elevato, con una disoccupazione giovanile crescente e un’emergenza profughi continua. Quali saranno le sfide, dunque, per il nuovo governo?

R. – Le sfide saranno molto forti, perché la Giordania non è un Paese ricco. Tutte le questioni messe in evidenza sono questioni all’ordine del giorno dello Stato giordano e del Regno hashemita. Quindi, c’è proprio un problema di fondo dovuto a questo aspetto della difficoltà di affrontare situazioni sempre più complesse. Tenga presente che l’Onu ultimamente ha stanziato finanziamenti per quanto riguarda il problema dei rifugiati e sono state fatte tutta una serie di cose, solo che l’emergenza è un’emergenza enorme, con grandissime tendopoli che ospitano questi rifugiati che sono al confine con la Siria e dove molto spesso si verificano sconfinamenti da parte di truppe regolari e non regolari, soprattutto siriane, all’interno del territorio giordano. Per questo le sfide che si delineano per il governo saranno veramente molto difficili da affrontare.








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