2016-09-23 12:59:00

Onu, Parolin: sviluppo integrale è impossibile senza la pace


Il clamore delle armi in Siria “deve cessare affinché la pace sia una possibilità e soprattutto perché l'assistenza umanitaria possa essere portato a coloro che ne hanno più bisogno”. È uno degli appelli più importanti levati dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, intervenuto ieri all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York sui temi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La panoramica è vasta, attenta ai singoli casi e restituisce un quadro che sarebbe del tutto scoraggiante se non fosse sostenuto da una visione di speranza. Il cardinale Parolin disegna l’una e offre l’altra nel passare in rassegna, nel suo intervento all’Onu, la situazione mediorientale, quella africana, la crisi in Ucraina. È questa analisi che costituisce la parte più corposa del suo intervento, preceduta da una convinzione sul tema in discussione in assemblea generale – gli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2013 – e cioè che pensare a uno sviluppo umano integrale “è impossibile senza la pace”.

“In Medio Oriente – si sofferma il segretario di Stato – vediamo le terribili conseguenze di una spirale di guerra: tante vite distrutte, Stati dissolti, cessate il fuoco violati, l’insuccesso delle iniziative di pace, il fallimento dei tentativi di soluzione delle cause basilari del conflitto in Siria, in Iraq e Libia, della crisi della presidenza in Libano e del conflitto israelo-palestinese”. E ancora, le troppe vite mietute da conflitti infiniti, come quelli in Sud Sudan, nei Grandi Laghi, in Ucraina orientale.

La Siria, osserva più da vicino, “è stata invasa da molti tipi di gruppi armati”, c’è urgenza di portare “assistenza umanitaria” a chi ne ha “più bisogno” e la Santa Sede resta “convinta che questo sia possibile, a condizione che vi sia la volontà politica per porre fine ai combattimenti”. Per “rilanciare il processo di pace tra israeliani e palestinesi”, l’appello a entrambe le parti è quello “di astenersi da misure unilaterali o illegali di qualsiasi tipo, che possano costituire un ostacolo alla ricerca della pace e all'avanzamento della soluzione dei due Stati”. E per la crisi istituzionale libanese si “può ancora trovare”, dice, una base comune di dialogo tra i diversi gruppi etnici, culture e religioni per arrivare a una “coesistenza pacifica” di cui il Libano è stato a lungo “modello”.

Come esempio da seguire il cardinale Parolin indica la Colombia: il negoziato che un mese fa ha posto fine a mezzo secolo di guerriglia dimostra ciò che la Santa Sede sempre propone, ovvero che la pace non è un’utopia se la “comunità internazionale” decide di mobilitarsi. Per il Medio Oriente, suggerisce, “può servire da modello per altri Paesi con analoga struttura sociale” l’Accordo globale siglato tra la Santa Sede e la Palestina lo scorso anno.

Il cardinale Parolin cita spesso Papa Francesco, sia il suo intervento all’Onu un anno fa sia le sue parole al recente incontro interreligioso di Assisi. “Uomini e donne, come individui, devono essere – ribadisce – i principali agenti dell’Agenda 2030”, avendo chiaro che lo sviluppo integrale “include ma non si esaurisce con lo sviluppo economico” e dunque necessita di risorse, anche “sistemi di finanziamento alternativi”, in ​​grado di essere “tanto accessibili quanto sostenibili per i più poveri”.

Tra i fattori di instabilità, il segretario di Stato mette il terrorismo, la rinnovata “minaccia di un conflitto nucleare”, come da decenni non si conosceva, il fenomeno della migrazione forzata: 65 milioni di persone, una popolazione “in movimento – rimarca – superiore a quella di molti degli Stati rappresentati qui”. E a questo punto il plauso del porporato va a Libano e in Giordania “per l'ospitalità che stanno offrendo a coloro che sono scappati dalla guerra e distruzione in Iraq e Siria”, nonché alla Turchia, “che ospita milioni di rifugiati siriani”.

In definitiva, “i poveri e i bisognosi – conclude il cardinale Parolin – sono il volto umano dello sviluppo sostenibile che vogliamo tenere sempre davanti a noi, in modo che possiamo diventare agenti responsabili di una società più giusta e veramente umana”.








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