2016-09-20 15:00:00

Giordania alle urne: il ritorno dei Fratelli Musulmani


Giordania al voto oggi per le 18.me elezioni parlamentari del Paese. Oltre 4 milioni le persone aventi diritto al voto con sistema proporzionale che sceglieranno tra 1252 candidati per un totale di 130 seggi. Fattore rilevante di questa elezione è il ritorno politico dei Fratelli Musulmani che avevano boicottato le precedenti elezioni del 2010 e del 2013. Francesca Sabatinelli ha intervistato Paolo Maggiolini, ricercatore dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale:

R. - La monarchia e il governo hanno cercato, fino all’ultimo momento, di sottolineare l’importanza di questo evento, definendolo anche storico in quanto arriva a completamento di una fase di revisione della legge elettorale e di riforma anche costituzionale. E poi la Giordania deve affrontare dei problemi economici importanti, la questione dei rifugiati, quindi una serie di sfide non indifferenti che richiedono, in qualche modo, una legittimazione delle istituzioni che dovranno prendere alcune delle decisioni. D’altra parte, però, c’è una sempre crescente - e ormai quasi costante - disaffezione nei confronti delle stesse istituzioni rappresentative, che è un po’ la conseguenza dell’idea che il Parlamento non sia poi così centrale nella vita politica e nelle decisioni del Paese. C’è anche una certa sfiducia nei confronti della rappresentanza politica legata alle questioni della corruzione e non solo alla corruzione effettiva ma, in qualche modo, all’indipendenza di queste istituzioni, che sembra confermare che la partecipazione non sarà molto forte.

D. – Il Fronte di azione islamica, che è il braccio politico dei Fratelli musulmani in Giordania, torna a ripresentarsi dopo due anni di voto boicottato…

R. – Esatto! Questo sarà un altro elemento di novità rispetto alle due precedenti elezioni, perché quello che può essere il Fronte o la sfera dell’islam politico nel partito, nel Paese, e in particolare il Fronte islamico di azione, parteciperà alle elezioni. In genere, in qualche modo, ancora una volta e anche con la nuova legge elettorale, risulta tuttora al di fuori delle dinamiche interne, anche di scissioni, che si sono succedute nell’ultimo periodo, negli ultimi anni, e rimane comunque sempre la formazione meglio organizzata, che presenterà più candidati, affiliati, alcuni hanno una affiliazione partitica, più liste. Quindi, sicuramente, questo è un elemento interessante, perché si prevede probabilmente qualcosa intorno ai 20 seggi direttamente legati al Fronte di azione islamica. In generale sarà interessante vedere quale sarà la performance nelle elezioni di tutti quei candidati, che in qualche modo si riferiscono a quello che definiamo come “islam politico”.

D. – La Giordania è un Paese che si sta trovando di fronte – e non da poco tempo – a sfide importanti e drammatiche. L’altissimo numero di profughi, soprattutto provenienti dalla Siria, che si sono riversati in Giordania, in un Paese così piccolo come la Giordania – circa un milione di profughi si trovano lì – non è certamente indifferente. Oltre a questo c’è anche l’impegno della Giordania nella lotta allo Stato Islamico…

R. – Sicuramente è un Paese che non si è mai potuto sottrarre alle dinamiche della regione, sia per la sua collocazione, sia perché è naturalmente influenzato da come la regione respira e dove va. Ha cercato sempre di assumersi le proprie responsabilità. La questione dei profughi e dei rifugiati chiaramente coglie il sistema Paese nel suo complesso: da un certo punto di vista c’è un peso sull’economia, già difficile, ma anche tanti altri problemi, dalla questione dell’acqua e di tutti quelli che sono i servizi che devono essere forniti alla popolazione. Calcolando, appunto, che il dibattito interno nel Paese e nei confronti della Comunità internazionale tende a sottolineare che questo non è un problema emergenziale per il Paese, ma è un problema strutturale. Sapendo anche quanto sarà difficile la soluzione nel contesto siriano… Nei confronti della minaccia terroristica, sia nell’ambito iracheno che in quello siriano, la Giordania – sin dal primo momento – è stata all’interno della coalizione e ha lavorato in modo tale che i suoi confini, che sono lunghi e notevolmente complessi, non fossero porosi. E in questi giorni, comunque, anche il re è costantemente impegnato su questo campo. Nel complesso di una regione che ha le sue sfide, la Giordania chiaramente può essere l’unico contesto che in qualche modo fa un po’ da pietra angolare nella situazione attuale. E’ da anni, però, che le è stato chiesto anche di affrontare delle sfide che sono effettivamente molto complesse per le risorse interne.








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