2016-09-20 19:53:00

Attacco a convoglio Onu in Siria, 20 morti. Kerry: la tregua non è morta


Sale a 20 il bilancio delle vittime dei raid aerei sui convogli umanitari dell’Onu e della Mezzaluna rossa siriana colpiti nella notte nella regione di Aleppo. Damasco e Mosca smentiscono il loro coinvolgimento ma molte Ong condannano il gesto. Intanto a New York sono stati convocati d’urgenza l’Assemblea e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il segretario di Stato Usa Kerry parla di vergognosa violazione, ma aggiunge: la tregua non è morta. Cecilia Seppia

Dopo l’attacco di ieri su Aleppo l’Onu serra i ranghi e punta il dito contro il regime di Assad che però smentisce ogni coinvolgimento nei bombardamenti. Lo stesso fa Mosca affermando che nessun caccia dell’aviazione russa e siriana si è alzato in volo in quelle ore. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki moon annuncia come misura immediata lo stop a tutti i convogli umanitari ma apre l’Assemblea al Palazzo di Vetro chiedendo alle parti coinvolte di mettere fine ai combattimenti e dare inizio ai negoziati. Poi, abbandonando ogni cautela diplomatica, attacca Assad definendolo il principale responsabile delle violenze inflitte al suo popolo: nessuno – dice Ban – ha provocato più vittime civili del governo siriano. Amnesty accusa Damasco. Forte la denuncia dell’Unicef che con i suoi aiuti era presente nei convogli presi di mira, forte anche la condanna della Croce Rossa internazionale che ha perso nel raid un altro dei suoi operatori ma ha deciso di non sospendere le sue attività in favore della popolazione bisognosa di tutto. Intanto aprendo l’incontro del gruppo di supporto sulla Siria a New York il Capo della diplomazia americana Kerry dice convinto: “il cessate il fuoco non è morto”. "Non bisogna arrendersi alla guerra" gli fa eco il ministro degli Esteriitaliano  Gentiloni. Il presidente francese Hollande tuona: “mettere fine alla carneficina, il troppo è troppo”. La palla passa ora al Consiglio di Sicurezza, ma l’ultima speranza per rimettere la tregua sui binari, restano i contatti tra Mosca e Washington che però continuano a scambiarsi accuse reciproche.

 

Per una testimonianza, Giada Aquilino ha intervistato l’arcivescovo di Aleppo dei greco melkiti, mons. Jean-Clément Jeanbart:

   

R. – La tregua è stata sin dall’inizio senza effetti, perché dal primo giorno in cui è iniziata abbiamo sempre avuto bombe e colpi di mortaio sulla città. C’è stata una dichiarazione ufficiale da parte dell’esercito siriano sulla fine della tregua. Speriamo invece che riescano ad organizzarne una, perché un cessate il fuoco è importante per poter sperare in un dialogo e nella pace.

D. – In questi ultimi giorni in cui si era parlato di tregua, gli aiuti erano arrivati?

R. – In alcuni posti sì, dove c’era una intesa con il governo e le autorità civili. Ma sembra che per quanto riguarda Aleppo ci volessero delle condizioni particolari. C’era infatti – pare – il timore che, com’era già avvenuto tempo fa, le armi potessero passare attraverso i convogli umanitari. È un peccato che questi aiuti non siano poi arrivati a tutti e quelli che pagano sono i civili poveri che non hanno ricevuto nulla.

D. – Cosa serve alla popolazione?

R. – La popolazione dovrebbe avere la libertà, la possibilità di spostarsi, ma anche di ricevere gli aiuti direttamente, senza che vadano a finire nelle mani di Daesh, del sedicente Stato islamico e dei gruppi che dominano da queste parti del Paese. Perché, da alcune testimonianze che abbiamo sentito, sembra che gli aiuti vadano in mano a questi gruppi armati e che la gente che non è loro seguace non riceva niente.

D. – In queste ore a New York, all’Onu, si parla nuovamente di Siria: la gente cosa chiede alla comunità internazionale? C’è fiducia?

R. – Chiede che la comunità internazionale intervenga affinché la pace sia raggiunta. E che siano fatte delle richieste ad entrambe le parti – la Russia e gli Stati Uniti – di obbligare i partner loro alleati ad attuare un cessate il fuoco serio. E anche che cominci un dialogo per trovare una soluzione, un compromesso, un concordato, una riconciliazione. Perché i siriani hanno vissuto insieme per secoli e secoli: musulmani, cristiani e tutte le minoranze hanno vissuto bene tra loro.

D. – Da Assisi, la preghiera del Papa per la pace: che speranze ci sono per la Siria?

R. – La speranza è che smettano di distruggerla e che gli Stati che hanno degli interessi egoistici in questa zona del mondo cessino di provare ad avere tutto per ottenere qualcosa: lascino la Siria ai siriani. Se non c’è pace e se non c’è un cessate il fuoco, non si può dialogare con calma e serenità.








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