2016-09-18 08:57:00

Belgio, eutanasia su minore: card. Bagnasco, vita è sacra


Shock in Belgio dove è stata effettuata l’eutanasia su un minore: è il primo caso nel mondo, dopo l’approvazione nel Paese - era il 2014 - di una legge ad hoc. Il fatto è avvenuto nelle Fiandre. Il paziente aveva 17 anni e “dolori fisici insopportabili”, ha spiegato Wim Distelmans, direttore del Centro di controllo dell’eutanasia, senza rivelarne l'identità o il sesso. Il Comitato etico, chiamato a dare l'autorizzazione ai medici, aveva ricevuto il dossier la scorsa settimana. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Belgio e Paesi Bassi sono gli unici in Europa ad aver autorizzato l’eutanasia anche sui minori di 18 anni, nei Paesi Bassi però questo è valido solo per i neonati e per i maggiori di 12 anni. In Belgio forte è stata l’opposizione a questa legge, un crimine – l’hanno definita i vescovi - che apre la strada ad altri “attentati contro la vita”. In Italia si è aperto immediatamente un dibattito, che ha visto il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, parlare di dolore ma anche di preoccupazione per quanto accaduto in Belgio. “La vita è sacra è deve essere accolta sempre", anche quando questo sembra essere un'impresa difficile, dolorosa, spiega il porporato in un'intervista all'Ansa, ricordando anche i ripetuti appelli di Papa Francesco in questo senso. Critiche forti sono arrivate da associazioni come “Scienza e Vita”, che parla di adulti con licenza di uccidere. Il no all’eutanasia, soprattutto per i minori, arriva anche dalla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) che soprattutto indica come questione fondamentale la mancanza in Italia di attenzione al percorso di fine vita. Alberto Giannini, già responsabile del gruppo di studio sulla bioetica della Siaarti e responsabile della Terapia intensiva pediatrica del policlinico di Milano:

R. - Il tema fondamentale che manca sempre nei dibattiti con l’opinione pubblica in Italia è quello del limite che non viene mai considerato ed affrontato. Chi fa il medico in discipline complesse e di frontiera come la medicina intensiva incontra e sperimenta quotidianamente il limite. Noi non siamo in grado di dare una risposta e di salvare la vita di tutte le persone perché la realtà della medicina è governata dai limiti; di questo dobbiamo essere assolutamente consapevoli. Quando un mezzo di cura non è proporzionato o perde di proporzionalità nel tempo può e deve essere sospeso, accettando l’ineluttabilità della morte. Questa è la posizione che è stata espressa dalla Società italiana di anestesia e rianimazione. Il tema centrale è questo: il limite, non l’eutanasia.

D. - Nel momento in cui ci si trova di fronte ad una persona sofferente e con un esito infausto già definito - nel caso poi di un bambino immagino quanto debba essere terribile per i genitori, ma anche per i medici stessi sentire questo senso di impotenza - e si chiedesse al medico di mettere fine a queste sofferenze, qual è il “no” che il medico oppone?

R. - Io credo che il “no” che il medico oppone sia motivato dal fatto che questa scelta eutanasica entra in rotta di collisione con quello che è il compito, il dovere del prendersi cura dell’altro. Questo non soltanto per i credenti, ma anche per i non credenti. L’elemento fondamentale è innanzi tutto rendere esplicito il tema del limite e quello della morte che nella nostra società è assolutamente escluso ed esiliato. È qualcosa che quasi non può essere evocato. Ma laddove c’è una richiesta di morte o più semplicemente dove di sperimenta il limite, la scelta è quella di accettare l’ineluttabilità di una malattia che non può essere sconfitta - questo è nella natura delle cose - seguendo con impegno il paziente per togliere qualunque forma di sofferenza. La medicina palliativa che si è sviluppata in questi ultimi 20 anni ci ha insegnato tantissimo e ci ha offerto delle armi formidabili per seguire pazienti, accompagnarli e togliere qualunque forma di sofferenza. Credo che questo rappresenti il nostro compito e il modo migliore di onorare il nostro impegno nel prenderci cura del paziente.








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