“Intendiamo annunciare che Dio non è lontano, che nessuno è orfano in questo angosciato tempo, che non siamo vagabondi senza meta, che la solitudine non è il nostro destino, che l’ingiustizia non è l’ultima parola, perché tutti abbiamo una casa che ci aspetta”. È la missione dei credenti, delineata nell’omelia del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, nella Messa di apertura ieri sera, del Congresso eucaristico nazionale, il cui primo obiettivo è portare la “luce” dell’Eucaristia “ai fratelli e alle sorelle di questo amato Paese”. “Sappiamo che – nonostante segni contrari – un anelito, un’attesa, un desiderio di senso plenario batte anche nel cuore del nostro tempo”, la convinzione del presidente della Cei, secondo il quale “non dobbiamo aver paura dell’apparente sordità, ma lasciare che questo battito salga lentamente dall’anima dell’uomo fino a farsi ricerca e scoperta.
La Chiesa non è un’organizzazione, ma il Corpo di Cristo
“Come credenti, siamo qui per ritrovare una serena ansia apostolica, così da dire
ovunque che Gesù è il Signore, senza preferenza di persone e senza equilibrismi di
inutile prudenza”, l’invito del porporato. La Chiesa “non è un’organizzazione, ma
il Corpo di Cristo”, ha puntualizzato il presidente della Cei, e “il nostro compito
non è quello di scegliere i terreni, i luoghi, le persone, le categorie: dobbiamo,
piuttosto, avere il tratto largo e abbondante del braccio, e soprattutto del cuore!
I criteri della missionarietà, come di ogni pastorale, sono infatti quelli delle persone”.
Quando si incontra Gesù il cielo è diverso
“Annunciare il Vangelo è vivere Cristo, e partecipare alla missione è vivere la Chiesa”
ha osservato il porporato. “Quando si vive l’incontro con Gesù – così come si vive
un rapporto d’amore – l’orizzonte cambia, il cielo è diverso, la vita prende spessore.
In Lui tutto è diventato luce, anche le croci. E se la missione è attrazione, ogni
cristiano dovrebbe vivere in modo tale da fare invidia – santa invidia! – ad altri
che, sorpresi, si chiederanno il segreto di questo singolare modo di stare nel mondo,
di vivere le cose di tutti, gioie e affanni”.
Vivere l’Eucaristia è un tornare alla sorgente della bellezza cristiana
L’Eucaristia ci porta, a nostra volta, tra le braccia di Dio, rinnovando la gioia
di essere figli di Colui che ha tanto amato gli uomini da mandare il suo Figlio per
noi”. In questa prospettiva, “celebrare i divini misteri è per la Chiesa tornare alla
fonte della grazia, al grembo della vita secondo lo Spirito”. “Se vivere l’Eucaristia
è per noi un tornare alla sorgente della bellezza cristiana - ha detto il card. Bagnasco
- allora l’Eucaristia è l’acqua sorgiva che suscita l’annuncio del Vangelo, perché
il mondo sia redento e si sveli a tutti il segreto della gioia”, l’invito: “Negarci
alla missione e alla carità significherebbe negarci all’Eucaristia; sarebbe un tradire
l’Eucaristia stessa”.
La carità non ha muscoli da esibire
“Affidarci al Sacramento ci fa creature nuove, capaci non solo di fare cose grandi,
ma di vivere in modo grande le piccole cose di ogni giorno; di fare del poco che siamo
un dono per gli altri”. “La carità – ha puntualizzato – non ha muscoli da esibire,
ma piccole anfore da portare, anfore comunque capaci di dissetare la sete dei poveri
nel corpo e nello spirito”. “Va in questa direzione – ha osservato il presidente della
Cei – la colletta che domenica prossima viene fatta in tutte le nostre diocesi: un
segno di solidale condivisione che si aggiunge alla preghiera per quanti sono stati
duramente colpiti dal terremoto nel centro Italia”.
Il pensiero a Papa Francesco
All'inizio della sua omelia, il card. Bagnasco non ha mancato di rivolgere un pensiero
a Papa Francesco: “Egli è con noi - ha detto - con quell’affetto caldo e paterno che
tutto il mondo conosce e ricambia". (R.P.)
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