2016-09-09 14:01:00

Nasce la Carta di Fondi: Chiesa in prima linea contro l'illegalità


Un incontro di tre giorni, nel Monastero benedettino olivetano di San Magno a Fondi, ha visto la partecipazione di parroci e vicari episcopali appartenenti o vicini all’associazione Libera di don Luigi Ciotti. “Misericordia e verità s’incontreranno” il tema dell'evento che ha partorito la cosiddetta "Carta di Fondi", una serie d’impegni che vanno dalla lotta pastorale alla criminalità organizzata, all’assistenza a chi ha deciso di pentirsi, alla denuncia di illegalità, ingiustizie e corruzione. Andrea Walton ha chiesto a don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di Accoglienza e Promozione Culturale Ernesto Balducci, da dove nasca la necessità della Carta di Fondi:

R. – La necessità nasce dal percorso che noi cerchiamo, con tutti i limiti ma anche con l’impegno e la coerenza di cui riusciamo ad essere testimoni. Da anni noi ci incontriamo e l’impegno riguarda già quello che stiamo preparando a vari livelli, in modo diverso, nelle nostre comunità. Ma l’impegno soprattutto è quello che riguarda un’economia chiamiamola “di vita” rispetto ad un’economia “di morte”. Perché c’è un’economia che domina nella nostra società e anche nel mondo, che si alimenta con la morte e produce morte. Se si pensa al traffico delle armi, delle droghe, degli esseri umani, alla distruzione dell’ambiente, al gioco che induce tante persone alla dipendenza, si dice: ma che economia è questa? Un’economia di morte, non certo di vita. E allora l’impegno riguarda certo la finanza, che porta morte nel mondo, in questa società; ma poi, di fatto, riguarda anche pratiche di economia diversa, a cominciare dalle nostre comunità cristiane, dal nostro impegno che prende sempre luce, forza, coraggio e sostegno dal Vangelo di Gesù.

D. – Quanto è importante l’azione della Chiesa nella lotta alle mafie, nei territori colpiti da questo fenomeno?

R. – La testimonianza e l’impegno della Chiesa sono fondamentali; perché – purtroppo – sappiamo come nella storia si sia configurato un legame stretto delle mafie e della religione; non dico della fede, ma della religione: cioè un Dio utilizzato anche da chi è dentro, coinvolto in modo diretto oppure parte della “zona grigia”, come si definisce, nell’attuare poi una situazione che porta ad espropriare le persone della propria dignità e libertà. E quindi le comunità cristiane e la Chiesa in quanto tale hanno un compito fondamentale. Certamente la parola e i segni di Papa Francesco rispetto a questo sono straordinariamente eloquenti: è continuo il suo richiamo alla corruzione, che è come il male di fondo su cui poi allineano tutte le situazioni terribili alle quali abbiamo accennato.

D. – Quanto conta la misericordia, uno dei temi centrali del Pontificato di Papa Francesco, e l’aprire le braccia al peccatore, nel processo di conversione dei mafiosi?

R. – La misericordia e la giustizia: questo intreccio, quanto è difficile praticarlo... Quando, pochi giorni fa, ci siamo trovati a Fondi, don Luigi Ciotti ci ricordava un’espressione che disse di aver letto sul diario del giudice Livattino, diario che gli dettero in mano gli stessi genitori del giudice di cui adesso è iniziata la Causa di Beatificazione; questo sarebbe un segno importante. Ci ha ricordato quando il giudice dice che Dio non gli chiederà se è stato “credente”, ma “credibile”; e poi di come era fermissimo nell’attuazione e nell’applicazione della legge, nel mandare in carcere i mafiosi; al tempo stesso poi, in modo molto discreto e nascosto, come aiutava i figli di queste persone che lui stesso aveva, in modo risoluto, processato e mandato in carcere. Mi pareva questo un esempio straordinario di come si possa unire la giustizia e la misericordia.








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