Nella 24.ma domenica del Tempo ordinario, il Vangelo ci propone tre parabole sulla misericordia, tra cui quella del figlio prodigo. Al figlio maggiore che protestava perché il fratello dissoluto era stato riaccolto con gioia a casa, il padre risponde:
“Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma:
“Mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”, ecco il cuore compassionevole del Padre. Questo cuore creatore manifesta, anzitutto, la straordinaria dignità della sua creatura più importante, la persona umana: anche colui che si allontana dal Suo Amore e lo dissipa, è considerato sempre e comunque figlio e fratello. La seconda annotazione antropologica che traspare dalle stesse parole riguarda la dinamica del peccato e delle sue conseguenze sull’uomo, ovvero, la morte interna, quella spirituale e il rischio che tale condizione diventi definitiva. In effetti, la corsa esultante del Padre e la sua gioia concitata indicano, a un tempo, la profondità del suo amore e la consapevolezza dell’entità del pericolo scampato. Quanto sono importanti e attuali queste considerazioni sulla dignità dell’uomo e la sua libertà! Esse spingono Dio ad andare oltre le legittime esigenze della giustizia pur di favorire la salvezza del figlio, come ci ricorda san Giovanni Paolo II, nella Dives in Misericordia, commentando questo brano. Papa Francesco, con altrettanto zelo, c’invita ad accogliere con affetto e tenerezza chiunque abbia sbagliato, senza enfatizzare l’errore; la giustizia, infatti, si manifesta già nella coscienza di chi è caduto.
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