2016-09-06 14:16:00

Mandolesi: contro il gioco d'azzardo un piano complessivo


Sono 256 mila in Italia i fruitori patologici di giochi d’azzardo: metà dei 4 miliardi e mezzo del gettito fiscale garantito allo Stato dalle tante e diffuse macchinette, le slot machine, viene dai tabaccai e dai locali pubblici. Per fronteggiare il fenomeno della ludopatia, sono urgenti misure di contrasto dell’offerta. Il premier Matteo Renzi ne ha parlato in un’intervista annunciando che è allo studio un provvedimento di riduzione delle slot machine proprio nei bar e nelle tabaccherie e una loro eliminazione nei ristoranti, alberghi ed esercizi commerciali. Come valutare questa iniziativa? Adriana Masotti ha sentito Gabriele Mandolesi, portavoce e coordinatore della Campagna di mobilitazione fatta da diversi movimenti e cittadini che si chiama “Slotmob” e che da qualche anno organizza eventi su tutto il territorio nazionale per premiare proprio i gestori dei bar che rinunciano a mettere nei loro locali le slot machine e per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità nei riguardi di un problema sempre più vasto e grave:

R. – Questi annunci ormai, dopo due anni e mezzo di campagne, li prendiamo un po’ con le pinze. Di annunci e proclami di riordino del settore dell’azzardo ce ne sono stati sempre tanti, poche volte sono seguiti fatti concreti e quelle poche volte che si è arrivati a qualche risultato, questi sono stati deludenti, come ad esempio il divieto di pubblicità. Quindi intanto ci andiamo con un po’ di cautela. L’azzardo è un settore abbastanza grande e abbastanza complesso, quindi operare una riduzione solamente su un tipo di gioco, come le slot machine nei bar e nei tabacchi, e non operare una riduzione a livello complessivo potrebbe non servire. Come sappiamo ci sono due tipi di slot machine: quelle che sono nei bar e nelle tabaccherie, le cosiddette “awp”, e poi ci sono le “wlp” che sono quelle che invece troviamo nelle sale da gioco. Queste ultime sono quelle veramente pericolose e quelle dalle quali lo Stato poi ottiene il maggiore gettito. Quindi la domanda è questa: se riduciamo le “awp” poi di conseguenza cosa succederà? Verranno aumentate le “wlp” per mantenere il gettito invariato? Perché, in questo caso, è un tipo di provvedimento che non ci piace.

D. - In effetti si sta pensando ad esempio di aprire nuovi casinò. Però è anche vero che questi sono forse luoghi di minore accesso …

R. - Sicuramente c’è il divieto di accesso ai  minori. Il problema è che questi cosiddetti “casinò” sono luoghi molto pericolosi, perché sono aperti dalle otto di mattina alle tre di notte, dentro non entra la luce naturale, non ci sono orologi, si possono bere alcolici, fumare, … Quindi sono posti dove chi ha problemi, una volta che entra, difficilmente poi esce fuori. Sono i luoghi dove le persone si rovinano veramente.

D. - Quindi voi volete un riordino totale della materia. Ma c’è chi argomenta che il gioco d’azzardo legalizzato fa lavorare molta gente e poi assicura un introito per lo Stato e sappiamo che c’è sempre bisogno di soldi. Che cosa rispondere a queste obiezioni?

R. – Prima di tutto definiamo cosa sia legale, perché non noi ma la Direzione Nazionale Antimafia lo dice molto chiaramente: le mafie sono profondamente infiltrate nel settore del gioco d’azzardo legale. Per quanto riguarda gli introiti dello Stato – noi lo diciamo da sempre – bisogna dire che quest’ultimo è il primo dipendente dall’azzardo perché ne ricava circa otto miliardi all’anno. Non si parla mai delle spese e dei danni sociali che poi lo Stato deve sostenere. Quindi anche questi sono dati che poi presi e analizzati attentamente danno una risposta a questo tipo di contestazioni.

D.  - La mobilitazione dei cittadini non si ferma e lei è coordinatore della campagna contro il gioco d’azzardo “Slot mob”. Come sta andando avanti la vostra attività?

R. - Bene. In due anni e mezzo abbiamo organizzato più di duecento eventi dal Nord al Sud dell’Italia. Noi organizziamo eventi simbolici, quindi feste, colazioni o aperitivi all’interno di bar che non vendono nessuna forma di azzardo e diamo questo premio ai proprietari dei locali che ci ospitano, riconoscendo pubblicamente a queste persone il fatto di avere rinunciato a molti soldi, perché vendere azzardo significa portarsi a casa a fine mese duemila, tremila euro netti. Quindi c’è ancora chi rinuncia ai soldi per motivi di coscienza e perché non vuole poi scaricare il problema sulle persone più fragili.

D. - Prima dicevo che qualcuno pensa che il gioco d’azzardo faccia lavorare molta gente. Forse bisognerebbe prevedere anche un compenso a chi invece rinuncia, come questi proprietari di bar che non vogliono le slot machine o altre forme di gioco ...

R. - Diciamo che in questi anni Comuni e Regioni hanno messo in atto delle strategie per cercare di compensare i mancati introiti. Il problema è che qualunque forma di compensazione non sarà mai sufficiente – purtroppo - a compensare i mancati introiti e sicuramente la questione è di tipo culturale.  È importante che ci siano sempre più persone, esercenti, che prendano coscienza di quanto dannosa possa essere un’attività del genere sulla società, sul territorio e dall’altra parte è importante che i cittadini, i consumatori,  scelgano e sostengano questi bar perché in fin dei conti la loro scelta ha ricadute positive su di loro e sui loro figli, affinché questi ultimi si possano ritrovare in una città, in un quartiere con meno azzardo possibile.








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