2016-08-31 11:00:00

Funerali ad Amatrice. Il vescovo: ricostruzione, non sciacallaggio


Lutto nazionale e funerali solenni pieni di commozione ieri pomeriggio ad Amatrice, nel piazzale dell’Istituto Don Minozzi. La popolazione e le massime cariche dello Stato si sono ritrovate per l’ultimo saluto a 28 vittime delle 294 accertate dal terremoto di mercoledì scorso. E’ stata la cittadinanza del piccolo borgo reatino raso al suolo a volere che il rito si svolgesse nel calore e tra gli abbracci di amici e conoscenti e non a Rieti come inizialmente stabilito per motivi tecnici. E così il dolore e la preghiera si sono fusi sullo sfondo di un paesaggio fatto ormai solo di macerie. E' stata una cerimonia toccante, a cui hanno preso parte le massime cariche dello Stato, ma anche, per volere del Papa, l’elemosiniere pontificio, mons. Konrad Krayewski, che ha consegnato alle famiglie delle vittime una corona del Rosario. Il vescovo di Rieti Domenico Pompili ha presieduto il rito. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Si è lavorato notte e giorno sfidando il maltempo e la difficile viabilità perchè i funerali delle vittime di Amatrice si svolgessero là dove ciascuno è vissuto. E così è stato. I nomi lentamente elencati dal vescovo di Rieti, sono di tutte le vittime dei paesi laziali sgretolati dal sisma, un pesante tributo di sangue che le 28 bare, adagiate sotto una tensostruttura stracolma, rappresentano. Spiccano anche due feretri bianchi, di Ivan, tre anni, e della sorellina Veralù, morti con i genitori e simbolo di tanti bambini che non ci sono più.

Il dolore delle famiglie si sfoga così sotto lo sguardo attento dei volontari che non le lasciano mai sole e davanti al volto pietoso della Madonna della Neve qui venerata e posta accanto all’altare su un cumulo di sassi, simbolo della devastazione che il vescovo, mons. Domenico Pompili, ricorda nella sua omelia: “Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio”, afferma, al contrario, “è Salvezza”:

“La domanda ‘dov’è Dio?’, non va posta dopo ma va posta prima e comunque sempre per interpretare la vita e la morte, come pure va evitato di accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione come quando si invoca il destino, la sfortuna, la coincidenza impressionante delle circostanze”.

“Il terremoto ha altrove la sua genesi”, aggiunge mons. Pompili. “Esiste da quando esiste la terra e l’uomo non era neppure un agglomerato di cellule”, ha generato “paesaggi e montagne” che racchiudono in sé anche “elementi essenziali come l’acqua”:

“Il terremoto non uccide, ad uccidere è piuttosto l’opera dell’uomo”.

Quindi il forte monito sulla ricostruzione: “Non basteranno giorni ci vorranno anni” spiega il vescovo, ed è richiesta una qualità più di tutte, la “mitezza” di Gesù, distante “dall’ingenuità muscolare di chi promette tutto subito e dalla inerzia rassegnata di chi già si volge altrove”:

“La mitezza dice invece di un coinvolgimento tenero e tenace, di un abbraccio forte e discreto, di un impegno a breve medio e lungo periodo. Solo così la ricostruzione non sarà querelle politica o una forma di sciacallaggio ma far rivivere una bellezza di cui siamo custodi. Disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta”.

Presente ai funerali, ed è lo stesso vescovo Pompili a dirlo al termine del rito, è, per volere espresso del Papa, l’elemosiniere pontificio Konrad Krajewski che ha consegnato una corona del Rosario a tutte le famiglie delle vittime. Ed è col pensiero rivolto alla prossima venuta del Pontefice nei luoghi del disastro che si chiude il rito:

“Ringraziamo il Papa e lo aspettiamo".

Sotto una pioggia scrosciante ad Amatrice pregano insieme centinaia di persone. Palloncini bianchi e un applauso lunghissimo dopo la lettura dei nomi dei morti del terremoto. Il tendone montato davanti alla palestra don Minzoni raccoglie il dolore di chi qui ha perso parte della sua vita. Veronica Di Benedetto Montaccini ha raccolto alcune testimonianze:

R. - Io piango adesso; piango perché Amatrice non la riconosco più.

R. - Ho portato un omaggio ad un bambino di nove anni e mezzo. È morto insieme ai genitori. Forse quella è l’unica consolazione: sono tutti e tre insieme.

R. - Il Telefono Azzurro è qui ormai da quasi una settimana. Soprattutto in una giornata come quella di oggi, dei funerali, l’obiettivo è stare accanto alla popolazione, ai genitori, ai bambini, agli adolescenti,…

R. - Noi siamo di qui. Bisogna ripartire da noi che siamo vivi.

R. - Adesso siamo qui per condividere un’altra battaglia.

R. - Questi morti si possono ricordare prima di tutto per gli amatriciani, che per rispetto ai morti devono battersi non tanto per ricostruire quanto per rimanere.

R. - Stiamo vicini con il cuore e con la preghiera in quanto cristiani.

R. - Come popolo di Amatrice ci riprenderemo. Siamo tenaci e testardi!








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