2016-08-30 08:23:00

In Libia quasi libera Sirte. Salvati in mare 6500 migranti


Sono stati 6.500 i migranti soccorsi ieri nel Canale di Sicilia in 40 operazioni coordinate dalla Guardia Costiera italiana. Si tratta di uno dei numeri più alti di persone ricuperate in 24 ore. Negli ultimi giorni sono stati circa diecimila i migranti presi a bordo da navi nel tratto di mare tra Libia e Italia. E sul terreno in Libia le forze le forze leali al governo di al Serraj avrebbero completamente liberato il quartiere UNO e TRE di Sirte.

Sirte, città costiera a metà strada tra Tripoli e Bengasi, dal febbraio 2015 è diventata la roccaforte dell’Is nel Paese nordafricano. Secondo i media locali nei combattimenti è stato ucciso uno dei leader tunisini dell'Is, conosciuto con il nome di Abou Omar Ettounsi. I primi scontri tra milizie governative e jihadisti risalgono a giugno scorso e dall’inizio di agosto per liberare la città sono intervenuti anche i raid aerei statunitensi. Intanto, ad Est, i militari fedeli al generale filo-egiziano Khalifa Haftar avanzano verso la mezzaluna petrolifera in Cirenaica. Sui cambiamenti che stanno interessando anche la geopolitica del conflitto in Libia, Elvira Ragosta ha intervistato Gabriele Icovino, analista del Centro studi internazionali:

R. – E’ un cambiamento importante nello scenario libico; ma è un cambiamento solo rispetto a quei quartieri di Sirte laddove lo Stato Islamico era diventato molto forte. Il problema, però, è che il pericolo jihadista, il pericolo della radicalizzazione in Libia non proviene solo dallo Stato Islamico: una volta sconfitto lo Stato Islamico rimarranno quindi purtroppo altre problematicità legate al mondo jihadista e legate soprattutto a tutto lo scacchiere nordafricano vicino al mondo jihadista. Il pericolo viene soprattutto dalle regioni meridionali del Fezzan, laddove il controllo statale praticamente è zero e in cui tutti i movimenti jihadisti provenienti sia dalla parte del Sahel, e quindi dal Mali soprattutto, sia dagli altri Paesi nordafricani – come ad esempio l’Algeria e in parte anche la Tunisia – trovano un terreno logistico, un terreno fertile per portare avanti le proprie operazioni soprattutto per il finanziamento. Inevitabilmente questo movimento dal Sud del Paese ha avuto in passato dei riverberi nelle città costiere e quindi probabilmente – una volta sconfitto lo Stato Islamico a Sirte – questi gruppi potrebbero tornare attivi sia a Tripoli, sia anche nelle stessa Bengasi.

D. – Cosa significherà per il futuro politico del Paese la completa liberazione di Sirte?

R. – Potrebbe essere una vittoria importante sia dal punto di vista militare che dal punto di vista politico per  al-Sarraj, perché rappresenterebbe il primo risultato di un governo che fin dall’insediamento ha avuto delle difficoltà: non da ultima la non ratifica, da parte del Parlamento di Tobruk, del governo di Tripoli. Una liberazione avvenuta soprattutto grazie al supporto delle milizie di Misurata: anche in questo potrebbero esserci dei risultati, dei risvolti per il futuro per un peso di Misurata maggiore sia dal punto di vista militare che dal punto di vista politico nella prossima Libia.

D. – A proposito della geopolitica della futura Libia: mentre le milizie fedeli ad al-Sarraj cercano di liberare Sirte, i militari al comando del generale Haftar si spostano verso Est, verso la mezzaluna petrolifera. Che cosa significa questo?

R. – La mezzaluna petrolifera, la zona petrolifera della Cirenaica è sempre stata un obiettivo per Haftar. Perché? Perché è una zona ricca, è una zona importante da un punto di vista sia politico che strategico. Di fatto, finora, tutti gli impianti petroliferi sono appannaggio di una milizia che è finanziata dal Ministero della Difesa di Tripoli in questo momento. Prendere il controllo di questa parte, per Haftar sarebbe molto importante perché sarebbe molto importante, perché sarebbe una pedinata di scambio su questo drammatico tavolo da gioco della Libia per i negoziati sul proprio ruolo e su quello che potrebbe essere il peso di Haftar nel futuro della Libia, soprattutto dal momento in cui le sue milizie non sono riuscite a sconfiggere lo Stato Islamico a Sirte, ma di fatto neanche a riprendere Bengasi: le milizie fedeli ad Haftar stanno cercando da un anno e più di riprendere il controllo di Bengasi, ma di fatto non ce la fanno.

D. – E, dunque, cosa attendersi e cosa auspicare, anche in termini di tempi?

R. – Purtroppo la possibile sconfitta dello Stato Islamico da parte delle milizie fedeli al governo di Tripoli è solo un passo verso il futuro della Libia. Le problematiche del Paese sono ancora molte: di fatto la stessa divisione del Paese in due grandi aeree – quella della Cirenaica e quella della Tripolitania – rimane e lo stesso governo Sarraj non sembra, in questo momento, avere il potere, la forza di riunificare il Paese sotto la propria autorità. Anche perché rimangano interessi esterni importanti, come – ad esempio – quello dell’Egitto, che continua a non riconoscere il governo Sarraj e che va di fatto a supportare Haftar nella sua azione militare nell’Est del Paese. Quindi gli interrogativi sono tanti e tutti gli auspici – i buoni auspici – che con la formazione del governo Sarraj erano arrivati, purtroppo sembrano destinati a rimanere incagliati nelle problematiche che ancora affliggono la Libia.








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