2016-08-28 14:10:00

Mons. Pompili: grati al Papa, la Chiesa è accanto alla popolazione


Nella tendopoli principale di Amatrice, vicino al campo sportivo, questa mattina è stato proprio mons. Domenico Pompili a celebrare la Messa. Non sono mai mancate, in questi giorni, le celebrazioni per gli sfollati e le famiglie delle vittime. Ma al vescovo di Rieti preme soprattutto che queste persone al dolore possano affiancare una speranza forte che la ricostruzione avvenga nel rispetto delle regole per poter parlare di futuro. La nostra inviata, Gabriella Ceraso, lo ha intervistato:

R. -  Credo che la cosa più semplice sia quella che stanno facendo in tanti: esserci e starci, possibilmente per molti anche rimanerci. Credo che questo sia l’unico modo per lenire quella che al momento è certamente una situazione dilaniante.

D. - Si parla tanto di ricostruzione. È necessario farla anche rispetto a dei criteri di onestà, di giustizia, sfuggendo quella che è la corruzione, un male grave. Da cristiano, cosa dire?

R. - Più che parlare di ricostruzione preferirei commentare la ricostruzione, cioè passare dal piano delle buone intenzioni a quello che poi si realizzerà. In questo preciso momento siamo ancora nella fase del dolore e in un certo senso della vicinanza. A breve dovrebbe partire questa fase, per cui mi auguro che quello che si è detto qui possa trovare riscontro. Mi piacerebbe appunto commentare a cose fatte.

D. - Lei è stato accanto al presidente Mattarella, alle autorità che sono state qui; sicuramente una presenza importante. Che percezione ha avuto? Cambieranno un po’ le cose?

R. - Ho l’impressione che ci sia stata una sincera partecipazione da parte  del presidente Mattarella che con il suo stile discreto, ma molto prossimo, ha saputo infondere fiducia. Credo che, data la limitatezza, di questo territorio, nonostante il numero esorbitante delle vittime, la politica possa effettivamente dar seguito concretamente a tali progetti. Questo è quello che io mi auguro e per il quale cercherò di fare il possibile.

D. - La gente: lei conosce il carattere di questa popolazione. Di cosa ha veramente bisogno? Che cosa chiede?

R. - Chiede di trovare una risposta alla domanda: “Che ne sarà di noi?”

D. – Ora è una certezza, prima era un pensiero: il Papa ha nel cuore il desiderio di essere presto qui …

R. – Mi pare sia veramente una bella notizia. Tutti in realtà desideravamo questo. Il fatto che lui lo abbia manifestato esplicitamente è di sicuro incoraggiamento in questo momento. Penso che un po’ tutti non aspettiamo altro che questo.

La chiesa simbolo di Amatrice, Sant'Agostino, è distrutta e lui non si dà pace per questo. “Ora - dice - è il momento della sepoltura e del dolore di aver perso tutto, incluso la Chiesa”. Al microfono della nostra inviata, Gabriella Ceraso, sentiamo il parroco, padre Savino D’Amelio:

R. - Tra i parenti e congiunti stretti adesso c’è solo la preoccupazione di risolvere la problematica della sepoltura. C’è gente che corre avanti e indietro per avere questi certificati, per trovare il luogo dove seppellire i propri cari anche temporaneamente, visto che ad Amatrice metà cimitero è inagibile. Quindi chi ha già i loculi riesce a sistemare i propri defunti altrimenti devono recarsi a Preta dove c’è un cimitero nuovo con 150 posti liberi. Il sindaco di Preta ha offerto la sua disponibilità. Quindi parenti, i congiunti che sono interessati sono preoccupati. Non trapelano altri sentimenti se non questo, specie tra gli anziani. Stanotte ho dormito in una tendopoli e questa mattina ho incontrato tante persone che si stanno chiedendo dove andare perché la situazione chiaramente con queste giornate belle di sole ti consente anche di dormire in tendopoli. Poi cosa gli sarà concesso a queste persone? Unità mobili? Unità più stabili? Devono andar via? C’è chi sta lavorando e magari ha 60 anni con tre, quattro o cinque anni di lavoro da fare prima della pensione. Tutto viene trasferito: c’è una scuola alberghiera, poi chi ha dei genitori anziani. Adesso stanno pensando all’immediato, perché devono cercare di iniziare a risolvere la situazione. Dal nostro punto di vista, siamo in attesa che passi questa prima fase della sepoltura, per poi cominciare a vedere in quale direzione orientarci.

D. - Oggi è giornata di preghiera. Normalmente la domenica in un paese è un giorno in cui ci si ritrova, si sta tra parenti e si va anche a Messa. Voi non avete mai fatto mancare le Messe in questi giorni. Cosa dite ai fedeli come padri e pastori?

R. - Stiamo cercando di infondere un po’ la speranza, di richiamare il senso della fede con molta discrezione a partire dal vescovo con il quale abbiamo concelebrato le prime due Messe davanti alla tendopoli dove si trovano tutti i defunti. Quindi con la discrezione e con la sensibilità umana stiamo cercando di toccare le corde della fede, del cuore, dell’umanità di queste persone in modo che non ci siano invasioni, nè irritazione come spesso può accadere.

D. - “Piedi a terra, sguardo rivolto verso il cielo”, ha detto ieri mons. D’Ercole: è possibile per questa gente?

R. - Questo è il senso della fede. Purtroppo questa tragedia ci ha duramente colpiti, però la nostra vita continua. In questo bisogna assolutamente credere perché è una certezza.

D. - Lei è parroco di Sant’Agostino, una chiesa che ha pagato duramente. L’abbiamo vista violata; che effetto le fa vedere la sua casa, anche la casa del Padre, in queste condizioni?

R. – Potete immaginare! Tutto quello che si guarda ti butta giù, nel senso che anche la struttura esterna ha un suo valore. Pensiamo già a come impostare un po’ la vita religiosa da domani, però è chiaro che le strutture hanno una certa forza perché sono punti di riferimento, di aggregazione.

D. - La gente riesce con lei a pregare in questi frangenti, in questi momenti?

R. – Mi chiedono di andare a benedire le salme, di essere presente al momento della tumulazione, quindi il senso della fede è profondo, è vero, c’è. Siamo dentro questo tumulto di movimento per risolvere le questioni logistiche di corse e rincorse per risolvere i problemi immediati.

D. - Quindi c’è bisogno di più calma, di un momento di quiete …

R. - Si certo. Il tempo vuole la sua parte nel senso che con un po’ di tranquillità poi bisognerebbe ricucire, ritessere una po’ la tele delle relazioni che non sono state interrotte, ma ferite.








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