2016-08-20 14:49:00

Mons. Gassis: migliaia di sud-sudanesi in fuga verso il Nord


La perdurante guerra civile in Sud Sudan sta costringendo migliaia di sud-sudanesi, che dopo l’agognata indipendenza conquistata dal Sud Sudan il 9 luglio 2011 avevano lasciato Khartum, a tornare in Sudan. A denunciarlo è mons. Macram Max Gassis, vescovo emerito di El-Obeid,  in visita nei giorni scorsi in Svizzera su invito dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre.

La drammatica situazione della popolazione in Sudan e Sud Sudan
Dopo l’accorato appello a non dimenticare il Sud Sudan lanciato due settimane fa alla comunità internazionale da mons. Barani Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio, anche mons. Gassis richiama ancora una volta l’attenzione sulla drammatica situazione della popolazione del Paese, che a luglio ha visto riaccendersi gli scontri tra i sostenitori del presidente Salva Kiir, di etnia dinka, e quelli dell’ex vice presidente Riek Machar, di etnia nuer, nonostante l’accordo di condivisione del potere raggiunto il 26 agosto 2015.  

La guerra alimentata dal tribalismo e dalla corruzione
“Sembra un paradosso, ma la mancanza di sicurezza, cibo, lavoro, scuole e servizi sanitari sta costringendo molti sud-sudanesi che nel 2011 avevano visto nel Sud Sudan una sorta di terra promessa, a tornare al nord”, afferma il presule, che punta il dito contro il tribalismo e la corruzione:  “Finché  persisterà questo cancro – afferma - l’Africa non avrà mai la pace e non potrà svilupparsi”. In questo contesto, per mons. Gassis, un segno di speranza è rappresentato dalla presenza nella Chiesa di tante etnie diverse impegnate nell’unico obiettivo della riconciliazione in collaborazione con il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan (Sscc) e il Consiglio interreligioso per la pace (ICPI). Inoltre, sottolinea, “quelli che seminano la morte nella regione non sono che una minoranza”.

Il “cinismo” dell’Europa
Quanto alle responsabilità della comunità internazionale, mons. Gassis non manca di denunciare il “cinismo” dell’Unione Europea che, per fermare i flussi migratori dall’Africa sub-sahariana, non esita fornire al regime di Khartum apparecchiature sofisticate per il controllo delle frontiere e a stanziare finanziamenti per la costruzione di centri di detenzione per immigratiti in Sudan: “È assolutamente immorale che alcuni paesi democratici europei flirtino con regimi che hanno sangue sulle loro mani”. (A cura di Lisa Zengarini)








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