2016-08-20 11:55:00

Meeting Rimini, 70 anni Repubblica: unità più forte delle diversità


Una mostra per dire la necessità di un impegno unitario per il bene del Paese al di là delle differenze: è l’esposizione dedicata dal Meeting di Rimini ai settant'anni della Repubblica italiana sul tema “L'incontro con l'altro”. All’inaugurazione è intervenuto ieri il presidente Mattarella sottolineando l’importanza di riconoscere i momenti in cui bisogna essere uniti per affrontare le difficoltà. Una mostra che non nasconde i lati bui della storia della Repubblica. Luca Collodi ne ha parlato con Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà che ha curato l’evento:

R. – Nella mostra non si nega nulla: si parla del periodo della Guerra Fredda, si parla delle stragi, si parla delle Brigate Rosse, si parla della lacerazione dell’Italia … Ma questo dimostra che la forza dell’Italia, come dice la mostra, è l’incontro con l’altro. Cioè, se avessimo fatto come adesso, che uno prende a sportellate l’altro, lo vuole in galera, pensa che l’avversario sia un nemico da abbattere, l’Italia si sarebbe sfasciata mille volte. Invece, persone di ideologie diverse, di culture diverse fin dall’inizio, nei momenti difficili si sono messe intorno a un tavolo e hanno detto: “Cosa facciamo, insieme? Che strada facciamo in comune?”. Perché la forza di un’identità è la capacità di stare con gli altri, di costruire con gli altri. Questo, che oggi viene chiamato “inciucio”, è invece la forza culturale. La differenza tra l’inciucio e il compromesso virtuoso, che è all’origine anche della Costituzione, è l’idea che io faccio un compromesso per il bene comune, perché possa servire tutto il popolo.

D. – In questi 70 la politica ha contribuito a fare l’unità d’Italia, a dare un’identità e a far dialogare parti diverse dell’Italia …

R. – Come documentiamo nella mostra, senza la politica il popolo sarebbe stato escluso. Ricordiamoci che nel ’46 per la prima volta si vota a suffragio universale, votano le donne e i partiti hanno avuto una funzione fondamentale di tirare dentro la vita pubblica parti della popolazione che erano assolutamente fuori. La forza di questi partiti, diversamente da altri - pensiamo ai comitati elettorali americani che non hanno mai tirato dentro gran parte della popolazione - noi invece abbiamo avuto una politica partecipata. Dobbiamo recuperare questa idea.

D. – Una storia che ha messo insieme anche credenti e non credenti …

R. – Certamente. Perché il desiderio del bene, di verità, di bellezza e di giustizia, il senso religioso di cui  parlava Giussani, mette insieme gli uomini di buona volontà di cui parlava Giovanni XXIII, e possono costruire insieme. Lo scopo del cattolico non è lo Stato confessionale: prima di Papa Francesco lo diceva spesso Ratzinger … E quindi, si può costruire insieme, credenti e non credenti, per il bene comune …

D. – Oggi questo percorso sembra interrotto …

R. - … e se non lo riprendiamo, l’Italia è morta. Invece, ci vuole gente che costruisca ponti, come dice Papa Francesco, scommettendo sul rimettere insieme ideali e innanzitutto facendo vivere questi ideali. Perché l’alternativa non è, come nel ’48, comunismo o cattolicesimo; l’alternativa è il nichilismo: nessun ideale per molta gente.

D. – Rischia di morire anche l’Europa, se non applica questo metodo?

R. – L’Europa lo dimostra: l’Europa ha sbeffeggiato Giovanni Paolo II sulle radici cristiane; dovrebbe riflettere sul perché ha dato il Premio Carlo Magno a Papa Francesco. Se non c’è un ideale, si torna all’Europa dell’Ottocento. Non si fanno più le guerre come un tempo, ma si fanno le guerre economiche adesso … non c’è un motivo per stare insieme.








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