La “Conferenza Panglong del XXI secolo” che si terrà il prossimo 31 agosto “è un pellegrinaggio di pace. Incoraggio tutti i compatrioti, uomini e donne, ad affrontare questo cammino con speranza. È un momento storico e un’opportunità di significato immenso per la nostra gente”. Così il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, ha salutato il Convegno incentrato sui dialoghi di pace che il governo birmano, guidato dalla Lega per la democrazia (Nld), sta organizzando con l’esercito e tutti i gruppi etnici che da anni combattono per l’autonomia nel Paese. Il Myanmar è infatti composto da oltre 135 etnie che hanno sempre faticato a convivere in maniera pacifica, in particolare con il governo centrale e la sua componente di maggioranza birmana.
La pace è possibile
La Conferenza, ricorda il porporato in un messaggio
indirizzato a tutti i cittadini e citato dall’agenzia AsiaNews, è la prima da quella
del 12 febbraio 1947, che “fece nascere il Myanmar e che fu firmata da quattro gruppi
etnici: Bamar, Chin, Kachin e Shan. Il generale Aung San (allora capo del governo
e padre dell’attuale leader della Nld, Aung San Suu Kyi - ndr) ebbe la sagacia di
vedere che la pace era possibile”. Purtroppo, “la sua morte prematura (fu assassinato
a luglio dello stesso anno - ndr) mandò una nazione allo sbando e gli eventi seguenti
portarono un dolore indescrivibile per la nostra gente”.
Il contesto attuale
Per questo, il card. Bo ritiene che la prossima Conferenza
di Panglong “debba servire come fondamento per costruire la pace”. Dalla presa del
potere lo scorso primo aprile, la Nld e Aung San Suu Kyi hanno lavorato senza sosta
per ottenere la disponibilità al dialogo di tutte le parti in causa, dichiarandosi
favorevoli alla creazione di uno Stato federale e inclusivo. Per evitare una recrudescenza
dei conflitti, a ottobre 2015 la giunta militare al governo aveva avviato colloqui
di pace che hanno portato alla firma di un cessate-il-fuoco nazionale con otto gruppi
etnici armati minoritari. Manca ancora, però, una pace duratura, tanto che l’esercito
continua a combattere in più zone.
Il Myanmar rinasca in una nuova alba di riconciliazione
Ora, scrive il card. Bo, il popolo del Myanmar è “molto
incoraggiato dallo spirito della Nld e dei suoi leader. Milioni di cuori hanno sostenuto
Aung San Suu Kyi alle elezioni”. Ma, afferma l’arcivescovo di Yangon, un ruolo fondamentale
nei colloqui lo deve avere l’esercito: i militari “che hanno avuto il plauso di tutto
il mondo per aver trasferito il potere in modo pacifico, possono infatti giocare una
parte storica nell’unire i gruppi armati e favorire dialoghi diretti con il governo”.
Di qui, l’appello del card. Bo alla preghiera ed alla speranza per il futuro del Paese:
“Permettiamo al Myanmar – conclude – di rinascere in una nuova alba di pace. Iniziamo
oggi questo pellegrinaggio di pace”. (I.P.)
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