2016-08-17 10:38:00

Al Rossini Opera Festival il "bel canto" di Juan Diego Flórez


Juan Diego Flórez festeggia i suoi vent’anni di presenza al Rossini Opera Festival con un concerto in programma venerdì 19 agosto, “Flórez 20”, già esaurito da mesi. Il tenore peruviano è stato anche protagonista de “La donna del lago” andata in scena in un allestimento firmato da Damiano Michieletto e diretto con grande passione e chiarezza da Michele Mariotti. Il servizio di Luca Pellegrini:

Opera affascinante, “La donna del lago”: è stata un trionfo, l’apice del bel canto rossiniano, la “liquidità” delle ornamentazioni che si addensano poi sulle brume musicali più romantiche e che Rossini fa proprie, con la sua vena creativa, il suo genio assoluto. A Pesaro lo spettacolo era evocativo, un rituale della memoria, la compagnia di canto superba. Tra le nuove personalità di artisti ai quali si è aperto un orizzonte di successi, tornava al Festival il tenore Juan Diego Flórez, che ha ancora una volta ammaliato il pubblico, dando al personaggio di Giacomo V un vigore romantico sorretto da una vocalità adamantina, insuperabile nelle languide profferte d’amore, nelle vorticose agilità vocali. E’ nato a Lima, lì ha vissuto i suoi primi anni, poi è diventato uno dei cantanti più famosi e amati della scena internazionale. Lo abbiamo incontrato dietro le quinte, al termine di una osannata recita:

R. – Ricordo che mi sono avvicinato al canto lirico a scuola, dove il nostro professore amava molto la zarzuela. Facevamo molti spettacoli e io imitavo il canto lirico che lui faceva, avevo 15 anni. Poi mi sono interessato al genere musicale; inizialmente facevo pop. Così ho imparato un paio d’arie, sono entrato al conservatorio, mi è piaciuto e ho deciso di fare lirica. Dopo di che sono andato a studiare negli Stati Uniti. Dopo sei anni di studi ho debuttato qui.

D. – Torna in Perù qualche volta? Quando torna, qual è il suo sentimento?

R. – Lì ho una fondazione, la “Fondazione sinfonia per il Perù”. Mi occupo di circa quattromila bambini. Ci sono tantissime orchestre e centri musicali in tutto il Perù. Torno in Perù principalmente per questo.

D. – Un incontro fondamentale nella sua vita è stato proprio quello con Ernesto Palacio...

R. – Esatto. Nel 1994 ero ancora studente a Philadelphia. Lui mi disse: “Voglio che tu faccia carriera”. Dopo di questo mi ha invitato a fare un disco al Festival di Gerace, ho fatto il "Tutore burlato". Nel 1995 abbiamo fatto un altro disco, “Le tre ore dell’agonia” di Zingarelli. Studiavo con lui e da lì è iniziato un rapporto maestro-studente che mi ha aiutato molto in modo particolare all’inizio della mia carriera.

D. – Qual è stato l’insegnamento più importante che le ha dato Ernesto?

R. – Cantare con l’espressione e con la chiarezza. Diciamo che lui non è un maestro di canto, ma quello che ti dice è più importante.

D. – Che ricordo ha di quella fatidica Matilde del 1996?

R. – Ricordo che ero semplicemente immerso nello studio delle note – avevo imparato tutto in pochi giorni – e ho cantato quasi senza coscienza. Alla fine, quando sono andato a prendere gli applausi che non mi aspettavo, è arrivato questo applauso enorme e mi sono spaventato! Mi sono detto: “Ma che cosa è?”. Dopo di questo è iniziata la mia carriera.

D. – Sono passati 20 anni. Che cosa ha significato Rossini per lei in questi anni non soltanto come artista?

R. – Rossini è un po’ un maestro di vocalità, no? Per me tornare a cantare Rossini almeno una volta all’anno mi mette in un buon ordine di cose, nel senso che vocalmente mi rimetto in sesto, ricomincio la stagione con il piede giusto.

D. – Questo concerto “Flórez 20” cosa significa per lei?

R. – È una grande soddisfazione che il Festival abbia voluto festeggiarmi, in un certo senso, con questo concerto. Canterò pezzi delle dieci opere che ho cantato qui.








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