2016-08-11 14:03:00

Spagna: le condizioni di Ciudadanos per un governo coi Popolari


Il comitato esecutivo del Partito popolare spagnolo deciderà il 17 agosto se accettare le condizioni poste dal partito Ciudadanos per formare un governo guidato da Mariano Rajoy. E' quanto è emerso ieri al termine di un incontro tra lo stesso Rajoy e Albert Rivera, leader di Ciudadanos, che ha posto sei condizioni per far parte di una coalizione. Le richieste riguardano la trasparenza e lotta alla corruzione. La Spagna è ancora senza esecutivo, dopo che negli ultimi nove mesi si sono svolte due elezioni politiche, i cui risultati non hanno consentito la formazione di maggioranze di governo. Il servizio di Marco Guerra:

Legalità, trasparenza, corruzione e rinnovamento della classe politica. Questi i temi al centro delle sei condizioni poste da Ciudadanos e sulle quali dovranno esprimersi i vertici del Partito popolare. Se le richieste saranno accolte potrebbe sbloccarsi la fase di ingovernabilità che va avanti dalle elezioni del 20 dicembre 2015, a seguito delle quali si è formato il parlamento spagnolo più frammentato nella sua storia. Il ritorno al voto anticipato del 26 giugno scorso ha poi ripresentato la stessa situazione malgrado l’incremento dei voti per i Popolari. Resta infatti indispensabile anche l’appoggio dei Socialisti che contano su 85 seggi al Congresso dei deputati. Il leader del Partito socialista Pedro Sanchez rimane sulla linea del ‘no’, malgrado alcuni dirigenti storici premino almeno per una posizione di astensione. Pressioni in nome della governabilità anche da Rajoy che, in caso di mancato accordo, evoca i fantasmi della terza tornata elettorale in meno di un anno. Per un’analisi sentiamo Antonio Villafranca, responsabile del Programma Europa dell'Istituto degli studi di politica internazionale (Ispi):

R. – Le richieste di Ciudadanos sono abbastanza comprensibili: le hanno definite “richieste di rigenerazione democratica”. Potrebbero essere abbastanza facilmente accettate dalla direzione generale del Partito popolare, con l’eccezione forse dell’ultima delle richieste, che riguarda il caso Barcenas, l’ex senatore tesoriere che ha coinvolto i leader politici del Partito popolare, incluso lo stesso Rajoy. La richiesta è quella di creare una commissione di inchiesta. Le altre richieste riguardano essenzialmente il fatto che nessuna persona condannata per corruzione possa poi ricoprire una carica pubblica. Quindi, tutto in realtà si sta giocando sulla lotta alla corruzione e alla trasparenza; su questa – ovviamente – ha puntato molto Ciudadanos come forza di centrodestra – ma con una posizione molto netta, nel senso di una maggiore trasparenza e pulizia all’interno della classe politica spagnola.

D. – Dopo quest’apertura di Ciudadanos, a che punto è il cammino per formare un governo di coalizione in Spagna? Per Rajoy la strada è ancora tutta in salita: ci sono segnali di una possibile svolta?

R. – La strada è assolutamente in salita; perché, anche se si mettessero insieme, come sembra dopo l’ultima apertura di Rivera, il Partito popolare e Ciudadanos raggiungerebbero 169 seggi. Per la maggioranza assoluta, ne sono necessari 176. Questo vuol dire che Rajoy ha assolutamente bisogno che i Socialisti si astengano nella seconda votazione, quando è sufficiente la maggioranza semplice. Ciò vorrebbe dire creare un governo di minoranza: un governo estremamente debole, che per ciascun atto dovrebbe cercare l’appoggio dei Socialisti: un appoggio che sarebbe tutt’altro che semplice. Quindi è una strada assolutamente in salita; e non è neanche da escludere il ritorno, per la terza volta, alle urne.

D. – Il segretario dei Socialisti, Pedro Sánchez, resta contrario a un’alleanza di governo, malgrado le pressioni di alcuni dirigenti storici come lo stesso Zapatero. Quindi, dal Partito Socialista non dobbiamo aspettarci una possibile apertura per un’alleanza di governo?

R. – Finora Sanchez l’ha sempre esclusa. D’altra parte, il Partito socialista spagnolo si trova nella posizione più delicata; da un lato, perché nel caso in cui avesse fatto, anche già in passato – nelle precedenti tornate elettorali – un’alleanza con il Partito popolare, la base non l’avrebbe capito. Non c’è la stessa cultura politica che possiamo, ad esempio, trovare in Germania. Dall’altro lato, i Socialisti sono schiacciati da Podemos, che ha tolto voti ai Socialisti. Quindi è una posizione veramente complicata per i Socialisti, che in effetti sembrano non sapere bene cosa fare e si spaccano al loro interno. Il leader dei Socialisti chiede invece un ammorbidimento delle opposizioni nei confronti di Rajoy; ma al momento è una situazione di stallo, e non sembra neanche che al momento ci sia, da parte dei Socialisti, una disponibilità anche soltanto ad astenersi al prossimo voto, che potrebbe essere tra fine agosto e settembre.

D. – La minaccia di un ritorno alle urne è realistica o si tratta di pressioni sulla classe politica per arrivare alla formazione di un governo?

R. – In realtà, all’indomani del secondo voto, tutte le forze politiche avevano escluso il ritorno alle urne. Tuttavia, per come le cose si stanno mettendo, se non c’è l’accordo con Ciudadanos; e soprattutto, se non c’è l’attenzione da parte dei Socialisti, obiettivamente non vedo altre possibilità per la creazione di un governo. Quindi, volenti o nolenti, gli spagnoli sarebbero quasi costretti a tornare ancora una volta alle urne. Quello che è emerso dalla precedente tornata elettorale è comunque una crescente volontà di stabilità politica da parte degli spagnoli. Non è un caso che il primo partito, quello di Rajoy – il Partito popolare – abbia raccolto ad esempio quattordici seggi in più rispetto alla tornata elettorale precedente.








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