2016-08-10 15:00:00

Turchia e Russia al lavoro sulla Siria: accordo difficile


L’Unicef ha attivato un piano di emergenza per far fronte alla drammatica situazione di Aleppo, in Siria, dove 2 milioni di persone sono senza acqua. Per consentire l’accesso agli aiuti umanitari la Russia fa sapere che le operazioni militari da domani saranno interrotte per tre ore al giorno. Secondo Mosca sarebbero oltre 1.000 i militanti uccisi e circa 2.000 i feriti negli ultimi 4 giorni nella zona sudovest  della città. La Siria è stata al centro dell’incontro a San Pietroburgo tra le delegazioni di Turchia e Russia all’indomani del vertice Putin-Erdogan, da cui è emersa la volontà comune di raggiungere una soluzione. Ankara e Mosca sono su fronti opposti sul terreno eppure hanno parlato di un “solido meccanismo” in via di costruzione a livello militare, di intelligence e diplomatico. Gabriella Ceraso lo ha chiesto ad Andrea Plebani, dell’Istituto di Studi di politica internazionale:

R. – Io non credo che questo riavvicinamento turco-russo porti delle variazioni sul fronte di guerra. Le cose potrebbero cambiare a fronte del prevalere di una delle due parti nella battaglia di Aleppo, che però tuttora è fortemente difficile da prevedere. Il file siriano rimane un file che vede Russia e Turchia schierate su posizioni differenti e l’avere riallacciato i rapporti è solo un primo passo verso una normalizzazione delle relazioni.

D. – E allora, perché parlare di meccanismi allo studio? D’altra parte, in questa guerra sono impantanate tutte e due da tanti anni… Forse non è neanche interesse loro, continuare?

R. – Sono dichiarazioni tutt’altro che innovative: per forza di cose la via negoziale, la via diplomatica, le relazioni, le discussioni rimangono fondamentali e cruciali. In realtà, a me pare difficile che Putin possa rinunciare di punto in bianco al sostegno fornito a Bashar al Assad e che dall’altra parte Erdogan possa rivedere completamente la relazione perseguita in questi anni, soprattutto alla luce delle vittorie o comunque delle importanti affermazioni ottenute, con forze a lui vicine in Siria negli ultimi giorni. Si può pensare dunque a un nuovo round negoziale, ma difficilmente si arriverà a una soluzione nel giro di questo breve tempo, anche perché Russia e Turchia sono solo due dei principali attori: non dimentichiamoci l’Iran, non dimentichiamo l’Arabia Saudita, non dimentichiamo il Qatar, gli Emirati, gli stessi Stati Uniti…

D. – Lei ha parlato di Aleppo: l’Onu ha chiesto una tregua umanitaria assolutamente urgente perché la città e la popolazione stanno morendo. Si potrebbe arrivare insieme, con questo nuovo avvicinamento, a concedere un momento di tregua?

R. – E’ fortemente auspicabile! Quello che è avvenuto, che sta avvenendo ad Aleppo, è un massacro di proporzioni immani. Ancora una volta, però, temo che sia molto difficile. Anche i corridoi umanitari che si erano aperti lì sono fortemente a rischio, se non sono stati chiusi in diversi punti. Aleppo è troppo importante: è questo, il problema. Aleppo è il cuore della contesa e temo che nessuna delle parti sia disposta a cedere in un momento che, paradossalmente, rischia di essere o potrebbe essere, importante per entrambe le parti. Se i ribelli fossero riusciti a dare continuità alla loro offensiva, sarebbe stato un colpo durissimo per il regime. D’altra parte, il regime ha chiesto e ottenuto il sostegno dei suoi alleati storici e regionali più importanti: l’Iran, in primis, ma anche l’Iraq, in particolare, con diverse milizie sciite… E questo potrebbe far cambiare gli equilibri sul campo.

D. – C’è qualcuno che ha detto: Turchia e Russia si avvicinano e cercheranno una soluzione in Siria prima che la raggiungano Stati Uniti, Arabia Saudita, curdi e soprattutto prima della probabile elezione di Hillary Clinton: lei è d’accordo?

R. – Il problema è che la crisi siriana è una crisi, oltre che locale, regionalizzata e internazionalizzata. Pensiamo al caso turco: la Turchia è, nella fattispecie, uno dei capisaldi della Nato, da sempre vicina a Washington, eppure in questo momento il suo riavvicinamento alla Russia sembra mettere in discussione molti dei suoi paletti. La relazione con Washington però è tuttora fortissima, così come con l’Unione Europea e con l’Occidente. Un riavvicinamento con la Russia non sarebbe mai pagato a prezzo di rompere le relazioni con l’Europa e con gli Stai Uniti. Quindi, sono diversi i livelli che operano in questo contesto, si gioca su più tavoli. E purtroppo, la crisi siriana è solo uno di questi tavoli, connesso a tutti gli altri…

D. – Quale elemento dovrebbe scattare per dare uno spiraglio di speranza alla Siria?

R. – Paradossalmente, l’unico spiraglio che vedo e che purtroppo è molto difficile in questo momento, è un dialogo forte, costante e protratto tra le parti, mettere allo stesso tavolo fazioni e attori che sono fortemente ostili tra di loro. E non parlo, purtroppo, solo di attori statali ma anche di attori non statuali: penso a Hezbollah, per esempio. Quindi, abbiamo davvero tanti interessi in campo.








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