2016-08-10 12:13:00

Singapore. appello dei vescovi a non dimenticare i poveri


Nonostante i grandi progressi economici, politici, tecnologici e sociali ottenuti da Singapore nei suoi primi 51 anni di vita, la città-Stato non potrà dire “di avere successo finché non sarà conosciuta per essere piena di compassione e di misericordia”. È il fulcro del messaggio rivolto alla nazione da mons. William Goh, arcivescovo di Singapore, in occasione della festa nazionale in cui il Paese celebra l’indipendenza ottenuta dalla Malaysia il 9 agosto del 1965.

Grandi i progressi raggiunti, ma non dimenticare i poveri
Negli ultimi 50 anni, scrive l’arcivescovo citato dall’agenzia AsiaNews, “insieme con i nostri leader ci siamo impegnati a costruire una società progressista con un governo trasparente e infrastrutture adeguate. Di conseguenza, Singapore è cresciuta a livello economico, tecnologico e politico. Nel Paese ci sono uguaglianza, giustizia e armonia. Possiamo essere orgogliosi delle nostre conquiste”. Dopo aver ringraziato Dio per aver donato alla nazione dei leader “responsabili, con la testa sulle spalle e dai forti valori morali”, mons. Goh sottolinea che “nel nostro successo non dobbiamo mai dimenticare i più poveri e svantaggiati del nostro Paese e del mondo, in modo speciale dell’Asia. In questo Anno della misericordia, siamo sfidati come nazione ad uscire da noi stessi e concentrarci sul bisogno del prossimo”.

Attenzione speciale per anziani e disabili
In primo luogo, scrive il presule, “ci sono i poveri che abbiamo dietro casa. Non dobbiamo mai pensare che povertà e sofferenza siano state eliminate dalla nostra società. Molti soffrono per mancanza di beni primari e di assistenza medica”. Migliaia di anziani “sono abbandonati dai figli e vivono nella solitudine, dimenticati”. Altri “non possono permettersi dei pasti adeguati ogni giorno”. Oltre ai bisognosi dal punto di vista materiale, l’arcivescovo invita anche all’attenzione “nei confronti dei disabili e di coloro che soffrono per malattie mentali, di perdita di memoria. Il nostro cuore è con loro quando pensiamo alla loro sofferenza, che non è solo la fame o il dolore fisico, ma psicologica ed emotiva”.

Aiutare le famiglie in difficoltà, senza giudicarle
Ma la sfida della misericordia – afferma ancora mons. Goh - non si ferma ai confini di Singapore, perché la carità va portata “alle nazioni più povere attorno a noi. Ce ne solo molte che sopravvivono nell’essenziale, senza educazione e igiene”. I giovani di queste nazioni “sembrano non avere futuro a meno che qualche nazione ricca sia disposta ad aiutarli ad uscire dalla povertà attraverso l’istruzione”. L’arcivescovo lancia quindi un appello affinché anche le famiglie siano aiutate, soprattutto nelle situazioni di difficoltà “di chi è divorziato o affronta momenti complicati. Nei loro confronti dobbiamo mostrare compassione invece che giudicare troppo”.

Misericordia ed evangelizzazione
Nemmeno la misericordia per se stessa, però, basta. Mons. Goh scrive infatti: “La carità senza la verità non può salvare del tutto una persona. La verità della Buona Novella di Gesù Cristo deve essere annunciata senza compromessi”. Se non proclamassimo “la misericordia di Dio attraverso la sua parola, i sacramenti – in special modo la confessione e l’unzione degli infermi – sarebbe come ingannare la nostra gente”. Se i singaporiani porteranno Cristo agli altri con le loro vite, conclude l’arcivescovo, “allora la nostra nazione potrà essere davvero chiamata grande e saggia”.








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