2016-08-05 12:43:00

Siria: Aleppo sotto attacco, nel convento francescano i civili ritrovano il sorriso


Continuano gli spari e i bombardamenti nella periferia di Aleppo. L’esercito di Bashar al Assad ha circondato una città ormai martoriata dai cinque sanguinosi anni di guerra. Le strade principali, conquistate da diversi giorni dall'esercito siriano ufficiale, sono costantemente controllate da cecchini appostati sui tetti, diventa sempre più rischioso riuscire a entrare in città, in molti si rivolgono a monasteri e conventi. Padre Firas Lutfi, viceparroco del Collegio francescano di Aleppo, racconta il clima di paura nell'intervista di Michele Ungolo:

R. – Oggi, ad Aleppo si sentono di nuovo i bombardamenti, gli spari. Da un lato l’esercito siriano ufficiale con i suoi alleati sta circondando la città di Aleppo per far fronte all’avanzata dei jihadisti. Quando c’è questa avanzata ovviamente si spara e si sentono i bombardamenti giorno e notte e quindi non si dorme… L’unica strada di accesso che collega la città di Aleppo con le altre città siriane è spesso luogo di spari e di cecchini. Ieri, ad alcuni amici che volevano entrare ad Aleppo hanno detto: “Se volete entrare entrate, però la responsabilità è la vostra perché ovviamente c’è questo cecchino, forse più di uno”. Quindi non c’è pace nella città. La gente ha veramente paura.

D. – I conflitti tra le due fazioni diventano sempre più cruenti e sanguinosi. A pagarne le conseguenze sono ancora una volta i civili. Ma i bambini cosa c’entrano in questa guerra?

R. – Questa domanda va rivolta alla coscienza di chi ha in mano il potere di smettere questa guerra e invece non fa proprio nulla. Basta con il sangue, basta con le lacrime, basta con la preoccupazione! Mi creda, in questi giorni non riesco neanche a camminare perché ogni volta che sento questo fischio delle bombe mi vengono i brividi e ho paura per le persone che si trovano nel mio convento.

D. – I civili che ospitate in questo momento nel vostro monastero si sentono un po’ più tranquilli?

R. – Direi di sì. Adesso, se avessimo una telecamera la punterei subito dalla finestra dalla quale mi affaccio: ci sono circa 50 giovani che giocano a pallacanestro. Certamente ci sono gli spari, però è molto commovente vedere un po’ la gioia di questi giovani, la forza di poter vivere e di sperare in un futuro veramente migliore. Il mio convento, il Collegio di Terra Santa dei Padri francescani ad Aleppo, ospita centinaia di persone. Spesso sono bambini che non hanno nessun posto dove giocare. Sono preoccupatissimo per i bambini, per le persone…

D. – Quanto è vicina la chiesa a chi tenta di fuggire da questo clima dell’orrore?

R. – Siamo a contatto con la gente più povera perché solo loro sono rimasti nella città. I benestanti già dai primi mesi della guerra, quindi cinque anni fa, hanno fatto le valige e sono scappati. Invece ora ad Aleppo vivono i più poveri. Cerchiamo di venire loro incontro, non solo offrendo cibo, acqua, ma abbiamo anche scavato un pozzo nel nostro convento per venire incontro a questa necessità, a questo bisogno estremo di dissetarsi. Abbiamo cercato di aprire questi spazi di accoglienza, di assistenza spirituale e psicologica.  La gente ad Aleppo ha bisogno soltanto di essere ascoltata. Loro trovano nei frati, nei religiosi, nei consacrati proprio questo spazio accogliente di affetto di paternità, di maternità proprio utilissimo adesso. Direi che il Signore non ci lascia soli se c’è un po’ di consolazione e di forza per andare avanti, perché il Signore c’è ed è Lui il Signore della speranza che ci aiuta a resistere e a sperare in questa risurrezione dopo il periodo della passione e della morte.








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