2016-08-05 07:00:00

Rio 2016. Berruti: sia festa dello sport senza macchie del doping


Questa notte all'una, ora italiana, si svolge l'inaugurazione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro: un evento che catalizzerà l'attenzione di centinaia di milioni di telespettatori sul pianeta. Come ogni quattro anni, i cronisti si preparano a raccontare i record degli atleti per aggiornare gli annali dei cinque Cerchi olimpici, che conservano le imprese delle trenta edizioni precedenti, tra le quali spicca quella di Livio Berruti, vincitore della medaglia d'oro nei 200 metri alle Olimpiadi del 1960 a Roma. Al microfono di Giancalo La Vella, l'ex velocista rievoca l'atmosfera dell'edizione di 56 anni fa:

R. – Diciamo che sono state un po’ un’apoteosi di umanità, di colori, di amicizie, di sorrisi, in cui non c’era nessun tipo di discriminazione, né di tipo etnico né di tipo confessionale né di tipo economico. Era stata, dunque, una bella festa dello sport, dove tutti ci sentivamo uguali e soprattutto non c’era quella diffidenza – che ora aleggia in tutte le attività sportive – quel dubbio se la persone che incontri è pulita o no. Siamo stati fortunati, diciamo così. E poi, era un momento bello per l’Italia, che stava rialzando la testa dopo le batoste della guerra. In un certo modo, abbiamo quindi aiutato un poco una nazione stremata dalle vicende guerresche a rialzarsi e ad avere una presenza ammirata in campo internazionale.

D. – Riscendiamo un attimo in pista, in quella finale e non solo, anche nella semifinale, dove hai eguagliato il record del mondo e hai chiaramente mandato in visibilio non soltanto gli italiani, ma gli sportivi, gli ammiratori di tutto il mondo. Che cosa bisogna fare per presentarsi ad una Olimpiade e andare a medaglia? Sicuramente la tua è stata una preparazione che è iniziata molto prima…

R. – Certo. Bisogna avere un atteggiamento di curiosità, vedere fin dove si può arrivare senza farsi stritolare dalla tensione e dal timore di non farcela. Bisogna appunto affrontare questi momenti belli con uno spirito un po’ goliardico, senza dare troppa importanza a quello che accade. Perché se uno si fa prendere dall’emozione della gara, dalla tensione della gara ovviamente rimane bloccato e non riesce a rendere al massimo. Avere, quindi, curiosità, disponibilità a confrontarsi con tutti e, soprattutto, avere la voglia di gareggiare con la gioia, con il sorriso, con la sensazione di sentirsi in un mondo dove tutti siamo uguali, dove solo il migliore vince, dove c’è la meritocrazia che domina e non i sotterfugi, che purtroppo accadono anche nello sport.

D. – Tu hai fatto cenno chiaramente al doping, che è un po’ il male dello sport di oggi. Com’è riuscito a insinuarsi nelle maglie anche dei campionissimi, di quelli che forse non avrebbero bisogno di aiuti per vincere? Tu hai detto: “Ai nostri tempi non c’era questo problema”…

R. – Purtroppo, ormai siamo schiavi del risultato, della vittoria a tutti i costi, e quindi un campione quando è già affermato ha questa estrema esigenza di mantenere sempre un livello superiore di rendimento e più vai avanti nel tempo e più questo diventa difficile. Quindi, per cercare discretamente di mantenere quello che gli altri si aspettano da te a volte fai di tutto pur di rispettare queste previsioni. L’atleta, infatti, quando è in gara è una persona piuttosto fragile.

D. – Come vedi queste Olimpiadi di Rio che, come abbiamo visto, sono già nate tra le polemiche, proprio per l’esclusione di gran parte della squadra russa per motivi di doping accertati nelle precedenti edizioni? Un’Olimpiade che parte insomma con il piede giusto o no?

R. – Ormai le Olimpiadi sono diventate un fatto talmente enorme, talmente al di fuori del puro fatto sportivo… Ormai, sono diventate un fatto di valore politico, di valore sociale, di valore economico. E’ ovvio, quindi, che diventa difficile riuscire a mantenere un certo equilibrio. Purtroppo, poi, Rio è una città talmente enorme, talmente piena di scompensi sociali, oltre che economici, che diventa difficile riuscire a rendere tranquilla una competizione. D’altra parte, penso che ormai le Olimpiadi siano talmente grandi che hanno bisogno di essere disseminate in diverse città. Non si può più dare a una società il compito di organizzare tutte le gare olimpiche, bisogna suddividerle. Come ha detto il Cio già in passato: suddividere le gare olimpiche in diverse località, perché ormai le Olimpiadi sono una vetrina delle capacità imprenditoriali, delle esperienze turistiche, dei valori culturali di una nazione. Quindi, è giusto che molte città siano coinvolte in questa vetrina di natura ormai mondiale.








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