2016-08-02 15:03:00

Erdogan: senza visti no all'accordo sui migranti


Se l’Unione Europea non concederà la liberalizzazione dei visti per cittadini turchi, Ankara non rispetterà più l’accordo sui migranti. Lo ha ripetuto oggi il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, che ha attaccato l’Ue, nella persona di Federica Mogherini, alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, per – a suo dire – non essersi subito recata in Turchia dopo il tentato golpe. Erdogan ha anche accusato l’Occidente di sostenere golpisti e terroristi. Intanto, continuano le epurazioni: un mandato d’arresto è stato spiccato per un centinaio di dipendenti dell’ospedale militare di Ankara per possibili legami con la rete di Fethullah Gulen, al quale viene attribuito il fallito colpo di Stato. Francesca Sabatinelli ha intervistato Elena Paciotti, presidente della Fondazione Lelio Basso che, nei giorni scorsi, ha firmato un documento di denuncia per le gravi violazioni dei diritti umani in Turchia, chiedendo anche la cancellazione dell’accordo sui migranti:

R. – Il problema è molto preoccupante. Già al momento in cui è stato stipulato, quell’accordo era estremamente discutibile perché non vi erano garanzie sufficienti del trattamento decoroso, dignitoso, per le persone migranti o addirittura richiedenti asilo. Poi, i patti si mantengono se le condizioni rimangono uguali. Le condizioni della Turchia, da quando è stato stipulato quel discutibilissimo patto a oggi, sono gravemente cambiate. C’è stato questo tentativo di colpo di Stato che certamente va condannato e tuttavia questa non è una democrazia. E’ giustissimo e comprensibile che coloro che hanno tentato di compiere un colpo di Stato siano individuati, processati e condannati, ma non certamente tutti i giornalisti, gli avvocati, i magistrati, i professori rimossi dai loro incarichi da un giorno all’altro: evidentemente vi erano degli elenchi precedenti. Quindi, una situazione che è gravemente cambiata rispetto al momento in cui quel patto – sciagurato, possiamo dire – era stato sottoscritto. E io credo che, a maggior ragione, quel patto vada denunciato. Era già scarsamente accettabile allora, tanto più lo è adesso. Credo che la Turchia non abbia compreso che cos’è diventata l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale: si è preso atto che i diritti individuali delle persone non possono essere affidati ai governi degli Stati, che quindi occorra una protezione più forte. Quindi, quella interna, delle Costituzioni rigide, che tutelino le opposizioni, le minoranze, i singoli, ma anche una protezione internazionale che in Europa è data dal Consiglio d’Europa, dalla Corte europea dei diritti umani. Insomma, occorre una protezione nazionale e internazionale per tutti coloro che non sono d’accordo con la maggioranza. E dunque io credo si debba avere una reazione più ferma.

D. – Quell’Europa che ha dato vita a questi testi fondamentali di difesa dei diritti umani, quella stessa Europa – le istituzioni dell’Unione Europea – sembrano ammutolite di fronte al continuo ricatto proveniente da Erdogan…

R. – Purtroppo, è una cosa che si verifica da tempo, nel senso che non c’è mai stata in Europa una vera volontà di promuovere i diritti fondamentali delle persone. Per fortuna, abbiamo delle Carte vincolanti, abbiamo dei giudici che le applicano. Però, la garanzia primaria dei diritti dei cittadini è data dal comportamento delle istituzioni. E qui questo comportamento delle istituzioni è mancato. Io ricordo all’epoca in cui Jörg Haider era diventato un componente del governo austriaco, i governi dei 14 Paesi europei immediatamente hanno dichiarato che questa fosse cosa non accettabile per l’Europa, che rappresentava un pericolo. Oggi noi vediamo che nella stessa Unione Europea ci sono regimi che proclamano, in qualche modo, una discriminazione di minoranze e l’Europa non fa nulla pur avendo oggi nei Trattati degli strumenti. Insomma, noi non abbiamo una tutela da parte delle istituzioni politiche perché seguono piuttosto gli interessi economici, le preoccupazioni dei loro cittadini, delle loro maggioranze e non rimane altro che le giurisdizioni, che arrivano sempre molto tardi, per proteggere i diritti dei cittadini.

D. – Quanto questi interessi possono piegarsi di fronte a un’eventuale reintroduzione della pena di morte, che è stata di nuovo minacciata oggi da Erdogan?

R. – Questo taglia la testa al toro, perché le situazioni attuali di arresti, di destituzioni sono già delle gravissime violazioni dei diritti fondamentali e quindi richiederebbero già ora una rescissione di questi rapporti che ci sono stati in passato. Ma, se viene introdotta la pena di morte, non c’è più discussione: questo è assolutamente vietato, sia dalla Carta dei diritti fondamentali sia dalla Convenzione europea dei diritti umani e, quindi, automaticamente la Turchia è fuori da queste istituzioni e da questi sistemi di protezione dei diritti fondamentali. Purtroppo, non vuol dire che non si abbiano ulteriori rapporti. Noi abbiamo molti rapporti con gli Stati Uniti d’America, che hanno la pena di morte…








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