2016-07-29 16:38:00

Noemi Di Segni: grande gesto di Francesco ad Auschwitz


Commozione, intensità. Sono i sentimenti con i quali gli ebrei italiani hanno vissuto i momenti di Papa Francesco nel campo di Auschwitz, immagini che hanno colpito per la forza del silenzio. Francesca Sabatinelli ha intervistato Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, Unione delle comunità ebraiche italiane:

R. – Per chi rappresenta il popolo ebraico, il popolo massacrato nel campo di Auschwitz-Birkenau, avere un’attenzione, un rispetto così importante da parte del Papa, che con il suo silenzio riesce a comunicare la nostra tragedia e farla diventare patrimonio di memoria che deve diventare di tutti, è il messaggio più importante di queste immagini. Da questo luogo così terrificante, così triste, così isolato sono giunte immagini di altri tempi, oggi nuove immagini danno forse fiducia che qualcuno in più riesca a ricordare, a tramandare, quello che è stato affinché non sia più. Quindi, veramente, grande passione e apprezzamento per questa forma di preghiera che il Papa ha scelto, scegliendo un linguaggio universale e forse facendo parlare chi ha vissuto o visto il terrore più terribile.

D. – Il Papa però, le sue parole forti le ha affidate al libro d’onore di Auschwitz: “Signore, abbi pietà del Tuo popolo; Signore, perdona per tanta crudeltà”…

R. – Questo gesto del Papa è ancor più grande se pensiamo che in qualche modo, paradossalmente, con lo stesso silenzio negli anni terribili della Shoah si è concorso al massacro. Allora, ecco, così come il silenzio può essere forte in un momento di preghiera, il silenzio è stato uno strumento terribile. Credo che anche oggi ognuno di noi, seguendo forse l’esempio del Papa, si debba interrogare in che modo i propri gesti e i propri silenzi aiutino o non aiutino a migliorare il mondo, a risolvere anche piccole situazioni quotidiane, senza parlare solo delle grandi tragedie…

D. – Lei di fronte a queste immagini di Papa Francesco, che sentimenti ha provato?

R. – Con estrema sincerità: a me ha fatto molta impressione nelle immagini che ho potuto condividere questa mattina quando lui è uscito dal cancello con la scritta famosa del lavoro che rende liberi. A me ha fatto molta, molta impressione perché in qualche modo ha voluto rappresentare che non tutti sono usciti da quel cancello, ma tanti sono entrati: un milione e mezzo di persone. Noi cerchiamo di tramandare quello che è successo durante la Shoah ai nostri figli, ma non è facile la didattica o il tramandare la Shoah. E non possiamo essere gli unici a farlo, la nostra voce non si deve levare solo in alcuni giorni dell’anno. Per tutti noi dev’essere un momento di riflessione, occorre riuscire veramente a trarre dal passato una grande forza per tentare il futuro anche in maniera concreta. E’ molto, molto importante che sia legato ai giovani, questo percorso che il Papa sta facendo. L’importante è che sia vissuto come un legame tra le nostre religioni, partendo dal massacro e dal forte dolore del popolo ebraico per condividerlo attraverso la forza della comunicazione e della preghiera.








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