2016-07-27 08:00:00

Convention democratica: nomina ufficiale a Hillary Clinton


A Filadelfia la seconda giornata della Convention democratica ha incoronato ufficialmente per acclamazione, e dopo la conta dei delegati, Hillary Clinton prima candidata donna nella corsa alla Casa Bianca. A proclamarlo proprio l’ex rivale Bernie Sanders. Centrale nella serata il discorso del marito Bill Clinton che , rispercorrendo la storia della donna, della moglie e della mamma, ne ha sottolineato il continuo impegno per la giustizia sociale, la tutela dei diritti, specie nei confronti di bambini e fasce disagiate, e poi l'obiettivo dello sviluppo e del cambiamento dell'America. E' dunque definitivamente superata la spaccatura che inizialmente ha segnato i lavori della convention e il partito stesso? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Giampiero Gramaglia, consigliere per la comunicazione dell’Istituto Affari Internazionali:

R. – Le polemiche che si sono state alla vigilia si sono, in fondo, rivelate un petardo bagnato, perché che l’establishment democratico, che il partito sostenesse la Clinton rispetto a Sanders lo sapevano tutti e nessuno ne aveva mai fatto mistero. Il fatto di vederlo sciorinato in 20 mila messaggi che Vikileaks ha pubblicato può avere, forse, turbato soprattutto i sostenitori più accaniti – i cosiddetti “sanderistas” - del senatore del Vermont, ma non sembra aver ulcerato lo stesso senatore. Quindi la convention sembra ora lanciata su quel binario di sostegno unitario da parte del Partito Democratico a Hillary Clinton, che è uno degli elementi di differenza rispetto, invece, alle divisioni emerse nella convention repubblicana la scorsa settimana e non tanto per  quello che è successo alla convention quanto nelle assenze alla convention: non c’era praticamente nessuno dei presidenti repubblicani e dei candidati alla presidenza repubblicana dal 1988 ad oggi, tranne Bob Dole, candidato sconfitto nel 1996.

D. – Per Clinton, quindi, l’unità non è un grande problema, secondo te?

R. – L’unità del partito non è un problema per la Clinton e lo resta per Trump. Il sostegno degli elettori è un’altra cosa: la Clinton deve conquistare, per esempio, il voto dei sostenitori di Sanders, anche se ha l’appoggio di Sanders; ma il vera ….. della Clinton sono non dico gli errori, ma le posizioni stesse di Trump, che alienano a Trump intere fette del potenziale elettorato americano.

D. – Quali sono i punti di forza della Clinton rispetto a Sanders?

R. – Senz’altro la Clinton ha una storia personale che la rende più credibile e più affidabile come leader e presidente di quanto non fosse Sanders, che non ha - nel suo passato - nessuna esperienza internazionale e in realtà nessuna esperienza di gestione della cosa pubblica, perché è sempre stato un legislatore nell’Assemblea del Vermont e in quella nel Congresso nazionale. Però la Clinton ha saputo prendere da Sanders alcuni elementi della piattaforma elettorale – per esempio il diritto di accesso all’Università, alcuni elementi della sanità, della spesa pubblica, del diritto del salario minimo – che hanno spostato a sinistra la sua piattaforma e l’hanno resa più accettabile, meno segnata dalla consuetudine con la finanza e con la consuetudine del potere di quanto non fosse all’inizio.

D. – Cosa chiede l’elettorato democratico?

R. – L’elettorato democratico chiede, in primo luogo, continuità con la presidenza di Barak Obama; continuità in economica per mantenere il segno della crescita e l’occupazione su livelli molto elevati, perché la disoccupazione è su livelli storicamente minimi; chiede probabilmente continuità anche in politica estera, per tenere gli Stati Uniti il più possibile, almeno militarmente al di fuori dalle tensioni che vi sono in varie parti del mondo; forse, in politica estera, chiede alla Clinton maggiore assertività di quella mostrata da Obama e forse, nel quadro dell’economia globale, è tentata da maggior protezionismo di quello che non abbia praticato Obama.








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