2016-07-25 13:49:00

Afghanistan, 1.300 bambini uccisi nel 2016. Unicef: è indegno


Più di 1.300 bambini colpiti nella guerra in Afghanistan, 1.601 civili morti e 3.565 feriti. Sono numeri da brividi, ancora più raccapriccianti se si pensa che il periodo di riferimento è il solo 2016, dall’inizio dell’anno fino al mese di giugno. È questo il dato shock reso noto a Ginevra dall’Onu nell’ultimo rapporto steso dalla squadra di esperti per i diritti umani della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama). In una nota si sottolinea che le forze antigovernative restano responsabili della maggior parte delle vittime civili (60 %), ma anche che tra i civili uccisi e feriti da forze pro-governative sono aumentati. I bambini vengono coinvolti in guerriglie, sparatorie e rappresaglie. Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia, ne parla al microfono di Michele Ungolo:

R. – Oggi, ancora una volta, come negli ultimi sei mesi, ci troviamo a dover registrare in questo Paese dei fatti impressionanti! I bambini vengono uccisi nelle situazioni più disparate: durante la preghiera; mentre giocano, per strada o con i genitori, in condizioni di quasi normalità. Per quanto riguarda le morti dei bambini innocenti, l’Afghanistan, insieme alla Siria, può essere assolutamente considerato il più grave dramma degli ultimi decenni.

D. – Quanto possono far male questi dati?

R. – Sono dati che impressionano, perché dimostrano che la comunità internazionale, ancora una volta, è inerme – ferma – e soprattutto non ci sono forme di sanzioni tali da impedire questi eccidi. I bambini stanno pagando un prezzo enorme in questo Paese: 1.300 sono coinvolti; la metà di loro morti, e gli altri mutilati o vittime delle peggiori sofferenze: questo è veramente un dato inaccettabile! E questa non è retorica: non è retorico il fatto di dover usare, ogni volta, questi termini per enfatizzare questi dati. Ed è assurdo che non ci sia un piano internazionale per porre fine a queste situazioni!

D. – Quali soluzioni si potrebbero adottare?

R. – Innanzitutto, porre fine ai conflitti. Sembra un fatto retorico, ma evidentemente non si fa abbastanza; e in queste situazioni così polverose, che durano da decenni, lo scacchiere internazionale, con le sue regole e le sue norme di geopolitica, ha preso di fatto il sopravvento sulla tutela dei diritti umani e delle leggi. Perché la Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani, firmata da tutti gli Stati, sancisce con forza che i bambini non devono essere vittime dei conflitti! Lo dicono anche tutti i trattati di diritto internazionale e tutte le norme che questi Stati hanno firmato. E anche noi, che siamo stati protagonisti di grandi momenti di civiltà, siamo ora vittime di questa situazione! Il nemico da abbattere non è un nemico semplice: anche negli altri Paesi esistono dei problemi geopolitici enormi, conflitti che non trovano soluzione; in questi però, in qualche modo, siamo tutti coinvolti.

D. – Se non venissero presi imminenti provvedimenti, quali dati potremmo aspettarci?

R. – Si parla di situazioni in cui ci saranno milioni e milioni di bambini colpiti dai conflitti in moltissime parti del pianeta. Il trend a cui stiamo assistendo va invertito, e l’unico modo per farlo è il dialogo; l’istruzione; e sicuramente la ricerca di sforzi diplomatici per arrivare alla pace. E naturalmente è necessario impegnarsi anche per portare, in vaste zone del mondo, la lotta alla fame, alla povertà, alla mortalità infantile; lotta che ha fatto in questi anni grandi passi avanti, ma che evidentemente genera poi delle situazioni di sempre maggiore disagio, che sono poi alla base di grandi malcontenti sociali e dell’esplosione di forti scontri all’interno dei Paesi. Poi, per quanto riguarda l’Afghanistan, è necessario uno sforzo ulteriore che possa mettere fine alle violenze delle forze antigovernative, che - secondo quanto afferma il Rapporto - non hanno neanche la giusta punizione. Quindi questo è un ulteriore problema.








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