2016-07-23 15:30:00

Il commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XVII T.O.


Nella 17.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù insegna ai discepoli la preghiera del Padre nostro, che nel testo di San Luca si conclude così: 

"Perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione".

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma:

Quale preghiera è più gradita a Dio di quella fraterna che Cristo stesso pone sulle nostre labbra in questo vangelo, ma sono le disposizioni interiori di chi si accinge a chiamarlo Padre che ne determinano l’efficacia. Consideriamo veramente fratello chi con noi condivide la fede, l’esperienza ecclesiale, o è perfino parente? Le nostre mani giunte per la supplica possono, al contempo, “grondare sangue”, per la maldicenza e il giudizio, la derisione, non di rado per il saluto negato dovuto a rancori. Proprio noi, però, abbiamo forse gioito della buona notizia del perdono dei nostri peccati da parte del Signore e della possibilità di risorgere dalla vita di solitudine senza senso a cui la disobbedienza ci aveva relegato. Il perdono chiama perdono, e chi ha gustato la tenerezza celeste è pervaso dal desiderio d’intercedere per il nemico vinto dal male. Quando, poi, le prove e le tentazioni, necessarie per la nostra salvezza, appaiono insormontabili, il dialogo intimo col nostro Salvatore deve al contempo crescere ed intensificarsi, e vale la pena, in taluni casi, di “disturbarlo” anche di notte, insistentemente. Il cuore di Dio cede sempre alla supplica accorata di coloro, che nel silenzio, interrompono il sonno, corroborati dalla speranza in Lui.








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