2016-07-17 08:39:00

Turchia: dopo il fallito golpe è scontro con gli Usa


In Turchia dopo il fallito golpe militare sale la tensione con gli Stati Uniti: il presidente Erdogan chiede a Washington l'estradizione di Fethullah Gülen, l’ex imam e magnate turco esule in America accusato di essere l'ispiratore del tentato colpo di Stato. Il bilancio ufficiale di una notte di violenza parla di oltre 260 morti e 1400 feriti. Scattato il giro di vite con quasi 3000 militari golpisti arrestati e migliaia di giudici rimossi. Il partito di Erdogan chiede la pena di morte per gli insorti. Il servizio di Sergio Centofanti:

In Turchia la gente scende per le strade e festeggia la sconfitta dei golpisti. E’ stata proprio la gente a non volere il cambio di regime. Questa la grande vittoria di Erdogan che adesso è più forte di prima. I militari ribelli avevano promesso di riportare laicità e democrazia accusando il capo di Stato di autoritarismo e di aver islamizzato la società. Volevano anche una Turchia più amica degli Stati Uniti.

E proprio in queste ore sta salendo la tensione tra Ankara e Washington. Erdogan accusa il carismatico predicatore musulmano Fethullah Gülen, suo acerrimo avversario esule negli Usa, di essere dietro al tentato golpe e ne chiede agli Stati Uniti l'estradizione. L'ex imam nega tutto, anzi parla di una messinscena e dice che è stato proprio Erdogan a orchestrare il putsch per realizzare le sue mire autoritarie.

Gülen, predica un islam mistico, alleato di scienza e democrazia: è a capo di un movimento che conta decine di migliaia di attivisti e controlla associazioni professionali e caritative, aziende, scuole e università, radio, quotidiani e televisioni. Si calcola che 4 o 5 milioni di persone lo sostengano, di fronte ad una popolazione turca che arriva quasi a quota 78 milioni.

Il premier turco Yildirim ha detto che chi ospita Gülen non può essere amico di Ankara. Il segretario di Stato Usa Kerry si è detto disponibile ad aiutare Ankara nelle indagini sul golpe ma ha osservato che per quanto riguarda Gülen ci vogliono prove e smentisce che abbia ricevuto una formale richiesta per estradarlo.

Obama, da parte sua, ha convocato il Consiglio per la Sicurezza nazionale. Sospesi i voli delle compagnie aeree statunitensi verso Ankara e Istanbul e interdetti quelli provenienti dalla Turchia. Le autorità turche hanno chiuso la base aerea di Incirlik, nel sud del Paese, impiegata dagli Usa e dalla Coalizione multinazionale anti-Is. Dobbiamo riprendere pieno controllo della situazione, dice Ankara. E Peter Cook, portavoce del Dipartimento della Difesa Usa, dice: "Allerta e minaccia ai massimi livelli".  

Intanto scatta la resa dei conti: quasi 3000 i militari arrestati. L'esercito – dichiara Erdogan - sarà ripulito. 2745 giudici turchi sono stati rimossi dall'incarico perché sospettati di avere legami con l’ex imam; arrestati 9 giudici della Corte suprema.

Il golpe è durato poche ore. Tutto inizia poco prima delle 10 di venerdì sera. I militari entrano in azione ad Istanbul e ad Ankara tra le grida delle persone. Nella capitale schierano i carri armati davanti al parlamento, elicotteri sparano sul palazzo presidenziale, entrano nella sede della Tv di Stato ed annunciano: abbiamo preso il potere. Ad Istanbul occupano i due ponti principali sul Bosforo e l’aeroporto.

Ore di confusione. Il capo di Stato, che è in vacanza sul Mar Egeo, sembra voler chiedere asilo politico all’estero. Una parte dell’esercito e della polizia resiste. Anche molti sostenitori del presidente scendono in piazza. Gli scontri sono violenti. Un elicottero dei golpisti viene abbattuto. Poi alle 3 Erdogan torna ad Istanbul, è tra la folla che inneggia ad Allah, e annuncia: il colpo di Stato è fallito, gli autori la pagheranno cara.

Il premier Yildirim sottolinea che questa è una pagina nera per la democrazia del Paese ma ringrazia il popolo turco che ha risposto nel modo migliore ai terroristi. 8 insorti sono fuggiti in elicottero ad Atene e sono stati arrestati: il governo turco ne chiede l'immediata estradizione. I militari ribelli uccisi sarebbero oltre 100. I principali leader della comunità internazionale, Obama in testa, danno il loro sostegno al governo eletto democraticamente.








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