2016-07-17 09:00:00

Conferenza mondiale sull'Aids. Caritas: più fatti e meno interessi


Tenere alta l’attenzione sulla prevenzione e garantire l’accesso su larga scala al trattamento dell’Hiv. Queste le sfide lanciate dall’Organizzazione mondiale della Sanità in occasione della 21.ma Conferenza internazionale sull’Aids, che si apre lunedì 18 luglio a Durban, in Sudafrica. L’Oms segnala anche il crescente emergere della resistenza del virus ai farmaci antiretrovirali e la necessità di un finanziamento sostenibile della risposta al problema. I lavori di Durban dureranno fino al 22 luglio e saranno gestiti dall'International Aids Society, la principale associazione globale di esperti del virus, e dalle diverse autorità locali. Sull’importanza di questo evento, Elvira Ragosta ha intervistato mons. Robert Vitillo, consigliere speciale di Caritas Internationalis per l’Hiv:

R. - È un grande evento a cui parteciperanno circa 25 mila persone tra scienziati, medici, ricercatori, attivisti e rappresentanti delle Chiese. Questa riunione è anticipata da una pre-conferenza cattolica. I rappresentanti delle organizzazioni cattoliche sono qui con noi per riflettere sul ruolo della Chiesa in risposta alla pandemia dell’Aids, per scambiare le esperienze positive e riflettere sui problemi che loro affronteranno. Durante questi due giorni abbiamo ascoltato le testimonianze delle persone affette da Aids e quelle dei vescovi che sono impegnati nelle loro diocesi in risposta a questo problema. In questi giorni sono presenti sia il nunzio apostolico in Sudafrica che il cardinale arcivescovo di Durban.

D. - La conferenza si tiene appunto in Sudafrica, dove sono sette milioni le persone affette dal virus; il 19 percento della popolazione. Allora quali le sfide per questo Paese?

R. - In Sudafrica sono stati fatti molti progressi. Quasi il 60 per cento delle persone ha accesso ai trattamenti però ci sono ancora altre sfide: il 40 per cento non ha questo accesso, soprattutto nelle zone rurali, nelle zone più povere, nelle zone dove il governo non arriva con i servizi sanitari. Questo è un punto molto importante perché la Chiesa è dappertutto.

D. - A proposito dell’aiuto della Chiesa, cosa fa la Chiesa per combattere l’Aids in tutto il mondo?

R. - Prima di tutto la Chiesa fa educazione per dare informazioni corrette alla gente, soprattutto per prevenire la trasmissione dell’infezione. La Chiesa propone i valori più profondi: essere fedeli ad un marito e ad una moglie per la vita e poi ai giovani di aspettare fino al matrimonio prima di iniziare una vita sessuale. La Chiesa promuove i test dell’Hiv. Se una persona risulta positiva al test consiglia di iniziare i trattamenti il prima possibile. La Chiesa provvede a questi trattamenti in molti luoghi, però non fa solo servizi di tipo medico: fa anche un accompagnamento integrale. In questo caso si occupa non solo dei problemi della salute, ma anche di quelli sociali, economici e spirituali.

D. - Si parlava del Sudafrica come di uno dei Paesi maggiormente colpiti. Ma quali sono gli altri Paesi colpiti dal virus?

R. - Naturalmente tutta la regione subsahariana: in Africa è la zona più colpita, però ci sono anche altre regioni che in questo momento sono vulnerabili: l’Europa dell’Est, l’Asia Centrale, qualche Paese del Medio Oriente. Oltre a questo c’è il fatto che in tutto il mondo è stato fatto molto progresso in termini di espansione dell’accesso al trattamento; anche il numero delle infezioni è diminuito. Adesso siamo in uno status quo: se non cambiamo l’approccio della gente, c’è il rischio di aver un altro incremento di infezioni in tutto il mondo.

D. - Trattamenti e prevenzione: quanto ancora c’è da fare per combattere l’Aids?

R. - In tutto il mondo, solo la metà delle persone bisognose di trattamento vi hanno accesso. Dunque c’è molto da fare. Molti dei meccanismi globali che provvedono ai fondi per questi trattamenti stanno cambiando il loro approccio. Dicono che i Paesi stessi devono provvedere ai fondi per questo trattamento. Molti Paesi sono troppo poveri per fare questo. C’è bisogno di fare educazione, in modo particolare ai giovani. L’educazione proposta da molti governi non è efficace perché si pensa solamente alla prevenzione del rischio.

D. - Quanti e quali interessi girano intorno a questo virus?

R. - Ci sono molti interessi. Qualche governo riceve fondi internazionali, in alcuni Paesi questi fondi non vengono utilizzati in modo appropriato. Ci sono interessi politici, ma gli interessi della persona devono essere messo al primo posto in questo senso.








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