2016-07-15 12:22:00

Missione sul lungotevere: stand francescano fra la movida romana


I Francescani del Centro Missionario di Roma in “missione” sul lungotevere nell’Anno del Giubileo. Con lo slogan “Condividi con noi l’estate romana… nell’Anno del Giubileo”, i francescani lanciano l’originale iniziativa per sensibilizzare romani e turisti a vivere momenti di crescita durante le serate estive e per far conoscere le attività e le opere di misericordia che i Francescani Conventuali “narrano” nei luoghi missionari del mondo.Michele Ungolo ha intervistato padre Paolo Fiasconaro, direttore del Centro Missionario Francescano Onlus:

R. – L’idea nasce dall’invito di Papa Francesco, quando tre anni fa all’inizio del suo Pontificato, invitò la Chiesa ad uscire e andare verso le periferie esistenziali. Da qui mi è venuta l’idea e mi sono detto: “Perché non devo andare in missione anche io?”. Siccome abito in un convento proprio a ridosso delle banchine del Tevere, vedendo questo afflusso di gente – nelle banchine nei mesi estivi passano più di due milioni di persone – mi sono detto: “Voglio andare anch’io”. Così ho bussato alla porta degli organizzatori. Naturalmente pensavo già a quanti soldi ci sarebbero voluti per avere uno stand ubicato in quelle banchine. Invece, mi hanno aperto le porte, mi hanno dato uno stand a titolo gratuito e addirittura nel centro della movida di fronte all’Isola Tiberina, sotto il Ponte Garibaldi. La Chiesa è in mezzo alla gente. Poi quest’anno – è il terzo anno di presenza sul Tevere – lo abbiamo personalizzato. Vediamo già l’effetto dell’Anno del Giubileo. Rispetto allo scorso anno vediamo un afflusso maggiore. Ma la cosa che più ci preme, dialogando con la gente, è far capire loro l’opera dei nostri missionari che realmente narrano la misericordia nei luoghi della missione. Questo è quello che la gente apprezza accostandosi a noi francescani.

D. – “Condividi con noi l’estate romana”: questo è lo slogan vincente?

R. - Sì, è proprio questo. Insieme al logo del Giubileo, quasi un po’ per far accostare la gente a questo evento di grazia, sono tre le icone che lo stand missionario vuole far conoscere ai pellegrini, agli avventori serali: Cristo, che è il Padre del Buon Samaritano, San Francesco che diceva ai suoi frati: “Andate per il mondo ad annunziare a due a due il Vangelo” e Papa Francesco che ci invita ad uscire dai nostri conventi e ad andare dove la gente vive i tempi e gli spazi della propria crescita culturale, serale, estiva. Noi vogliamo che questa sia anche una crescita spirituale attraverso la proposta francescana.

D. - Quanta curiosità c’è tra i turisti che si avvicinano e soprattutto quali sono le domande più frequenti?

R. - Dopo due anni di presenza già mi rendo conto che il 50% sono stranieri; l’altro 50% è diviso così: 25% italiani e 25% romani. Quindi ci troviamo in una realtà molto laica; la gente la sera vuole divertirsi, vuole andare a mangiare; vuole trascorrere il proprio tempo libero e noi vogliamo valorizzare il tempo di queste persone che scendono giù alle banchine per ascoltare una buona musica, perché non è tutto mangiare o roba godereccia, ma ci sono questi spazi. Credo che il nostro stand sia uno spazio che realmente dà un’anima a tutta l’estate romana; diamo un volto sociale, spirituale all’estate romana sul Tevere. La gente si ferma, guarda il frate con il saio, guarda la grande gigantografia di Papa Francesco con il dito alzato, poi abbiamo un pallone gonfiabile con padre Kolbe, missionario anche lui sulle banchine del Tevere, il nostro martire polacco che diede la vita per difendere un padre di famiglia ad Aushwitz. È anche una proposta missionaria. Le domande sono tante; la più frequente è: “Padre voglio fare un mese di esperienza in missione”. Noi distribuiamo degli opuscoli dove spieghiamo qual è l’attività del centro missionario, le adozioni a distanza, i progetti, …

D. - Perché fra le richieste  c’è proprio  questa volontà di fare una missione?

R. - Io credo che nell’animo umano ci sia insito il discorso dell’altruismo. Al di là del credo, penso che tutti sentano il bisogno. Come dicevo prima, in un luogo laico di fatto c’è sorpresa quando ci vedono. Dicono: “ Ma come, i padri francescani sono anche qui?”. Alcuni rimangono increduli, alcuni dicono: “Grazie che ci siete”. L’altra sera un ragazzo si è confessato. Sono vari approcci, varie tipologie di contatto con le persone perché certamente tutti hanno bisogno di una buona parola.

D. - Quindi è importante avere un contatto con la gente?

R. - Sì, oggi il contatto, la comunicazione, secondo me, è evangelizzazione. Comunicando, sicuramente, evangelizziamo: questo è una valore importante che forse all’interno della Chiesa andrebbe recuperato.








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