2016-07-11 13:30:00

Vescovo di Fermo: non fare preferenze tra vittime. Aiuti alla vedova


Il gip di Fermo Marcello Caporale non ha convalidato il fermo di Amedeo Mancini, l'ultra' di destra che ha ucciso il profugo nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi. Allo stesso tempo però ha disposto la custodia cautelare in carcere per Mancini, che era indagato per omicidio preterintenzionale aggravato dall'odio razziale, perché potrebbe reiterare il reato. Mancini ha detto che metterà a disposizione della vedova di Emmanuel i suoi beni.

Salvatore Tropea ha intervistato mons. Luigi Conti, arcivescovo della città marchigiana, che durante l’omelia ha sottolineato come “i veri disperati siamo noi che rischiamo di uccidere la speranza” di chi viene in cerca di aiuto e di accoglienza.

R. – Ho fatto questa affermazione nel contesto di una liturgia, nella quale il Vangelo del Samaritano mi ha provocato in questo senso. Perché dico che i veri disperati siamo noi? Perché la nostra società ha perso tanti di quei valori su cui si è imbastita la vita della comunità e anche – direi – l’equilibrio sociale della società civile. Chiamiamo “disperati” quelli che hanno una sola ragione per attraversare il deserto, attraversare il mare, e cercare una dignità laddove è possibile. Emmanuel e la sua promessa sposa uscivano dalla persecuzione di Boko Haram. E’ evidente quindi che loro lì erano nella disperazione e qui avevano trovato la speranza. E allora la via, che la Chiesa peraltro, che Papa Francesco indica continuamente, è quella di portare il Vangelo in queste periferie esistenziali, che sono anche i nostri giovani o meno giovani vuoti dentro.

D. – In questi giorni abbiamo assistito ad un vero e proprio processo mediatico, ma don Vinicio Albanesi ha detto che anche l’aggressore in realtà è una vittima. Come interpretare correttamente questa affermazione?

R. – Il processo mediatico è partito a causa di una superficialità emotiva del primo momento. Dopo è stato molto difficile fermarlo, proprio perché forse una malattia dei media, in genere, è quella di fare lo scoop e di trovare, laddove possibile, l’odore dello scandalo, l’odore della violenza. Adesso diventa veramente difficile tornare indietro. Gesù, nel momento in cui ha visto quest’uomo, lui si è fatto samaritano, e non ha aperto un processo mediatico contro i briganti, non ha aperto un fascicolo come fanno le nostre procure. Mi domando perché; è strano insomma. Possibile che Gesù non volesse giustizia? Quello che però gli premeva soprattutto era di dire: “A questo punto è necessario farsi prossimo”. Il fatto che don Vinicio abbia detto che anche questo ragazzo, Amedeo, è una vittima, è veramente un passo importante. Bisogna però tener conto di questo: noi non possiamo avere una preferenza tra le vittime di questa vicenda, dobbiamo amarli tutti allo stesso modo e restituire se possibile a questo Amedeo l’opportunità di crescere, di maturare e di vivere felice.

D. – La Chiesa di Fermo cosa farà adesso per aiutare la compagna di Emmanuel e starle accanto?

R. – E’ stata presa in casa dalle Piccole Sorelle, che la sorvegliano giorno e notte: stanno con lei, condividono con lei tutta la loro esistenza. Tra l’altro il Papa all’Angelus ci ha preceduti, perché ha detto che è necessario farsi vicini anche allo straniero. Nel caso della promessa sposa di Emmanuel, questo sta già avvenendo. In prospettiva, siccome lei aveva iniziato gli studi di medicina nella sua nazione, saremo disposti ad aiutarla a portarli a termine. Ci sono, quindi, prospettive concrete da questo punto di vista. In questo momento, però, quello che davvero a lei serve è di ritrovare la pace interiore. Uno dei migranti ha detto: “Questa morte è volontà di Dio. Noi dobbiamo solo capire perché Dio lo ha voluto”.








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