2016-07-09 10:19:00

Si è spento il cardinale Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze


Si è spento nella notte il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze dal 1983 al 2001. Aveva 92 anni. Era ricoverato al Convitto ecclesiastico del capoluogo toscano. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa del porporato affermando che è stato un "punto di riferimento nella fede e per la vita della città". 

Nato a Ronta di Mugello, figlio di un imbianchino e di una lavandaia, compagno di seminario di don Lorenzo Milani, Silvano Piovanelli viene stato ordinato sacerdote nel 1947. Il suo primo incarico pastorale, affidatogli dal Cardinale Elia dalla Costa, è stato quello di Vicario cooperatore di don Giulio Facibeni, il pievano di Rifredi, fondatore dell'opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa". La permanenza a Rifredi lo ha messo, giovanissimo sacerdote nei primi anni del dopoguerra, dinanzi ai gravi problemi di una vasta e complessa comunità parrocchiale, nella periferia industriale di Firenze, che si stava sviluppando e strutturando intorno a due grandi fabbriche.

Nell'ottobre 1948, veniva chiamato a assumere un incarico che avrebbe segnato profondamente la sua vita di educatore e di pastore: a fianco di don Enrico Bartoletti, per dodici anni, come vice-Rettore del Seminario minore. Sono stati gli anni di Giorgio La Pira, di Nicola Pistelli, di don Raffaello Bensi, gli anni intensi e fecondi del pre-Concilio.

Dopo il trasferimento a Lucca di Mons. Bartoletti, nel 1960 è stato nominato preposto di Castelfiorentino, un grande centro dell'estrema periferia dell'Arcidiocesi, ai confini con Volterra e Siena, con una lunga tradizione di vigoroso impegno politico fortemente ideologizzato, dove, nell'immediato dopo-guerra, tensioni violente e un risorgente anticlericalismo avevano provocato lacerazioni profonde nel tessuto sociale e religioso. Proseguendo l'opera di recupero e di pacificazione iniziata dal suo predecessore, Mons. Giovanni Bianchi, che fu poi Vescovo di Pescia, ha gettato le basi per una rispettosa e feconda collaborazione. Soprattutto, però, ha sensibilizzato la comunità ecclesiale alla assunzione delle sue responsabilità. Nasceva così nell'Arcidiocesi il primo esperimento di conduzione pastorale comunitaria: il primo consiglio pastorale parrocchiale che si occupasse non solo di problemi pastorali specifici, ma anche di quelli amministrativi.

Nel 1979, il Cardinale Giovanni Benelli, Arcivescovo di Firenze, lo chiamava nella Curia Arcidiocesana, affidandogli l'incarico di Pro-Vicario e poi di Vicario Generale.

Il 28 maggio 1982 veniva eletto alla Chiesa titolare di Tubune di Mauritania e nominato nel contempo Vescovo Ausiliare. Già in precedenza era stato a fianco del Card. Benelli nelle visite pastorali: un'esperienza 'ripensata' e messa in atto con criteri radicalmente nuovi rispetto anche ad un recente passato, che si preoccupava soprattutto di riproporre un sforzo congiunto di evangelizzazione, promuovendo i laici e favorendo o recuperando la loro specifica missionarietà.

La morte improvvisa del Cardinale Benelli, avvenuta nell'autunno 1982, lo ha portato ad assumere, praticamente, il governo pastorale dell'Arcidiocesi e il 18 marzo 1983 Giovanni Paolo II lo ha nominato Arcivescovo di Firenze. Giovanni Paolo II lo crea cardinale nel Concistoro del 25 maggio 1985, del Titolo di Santa Maria delle Grazie a Via Trionfale.

Con la morte del card. Piovanelli, il Collegio cardinalizio scende a 212 porporati, di cui 112 elettori e 100 non elettori.

Ma riascoltiamo il cardinale Piovanelli in un’intervista rilasciata alla Radio Vaticana nel novembre scorso alla vigilia della visita di Papa Francesco a Firenze, in occasione del V Convegno nazionale della Chiesa italiana:

R. – Il nostro Papa Francesco sicuramente sarà molto sentito. Papa Francesco ha un impatto positivo con la gente: sa mettersi subito in rapporto, e quindi sarà sicuramente un fatto grande.

D. – Come è cambiata la comunità cristiana di Firenze?

R. – Si fa male a dirlo, si fa male… Sicuramente, il laicismo si impone in qualche maniera. E quindi sicuramente, da un punto di vista numerico, abbiamo una diminuzione, però – e questo bisogna ricordarselo sempre – non è il numero che conta. Sappiamo bene che quello che conta è lo spirito. Se ci si ricorda dei primi cristiani nelle città, erano dei gruppetti, eppure brillavano in un modo tale da dar luce a tutti. Io spero che sia lo stesso anche oggi: non è una questione numerica, è una questione di spirito, l’accoglienza dello spirito, di impegno personale.

D. – Firenze è la città dell’Umanesimo, che ha unito il cielo e la terra, il divino e l’umano. Nell’esperienza cristiana, è ancora attuale questo periodo culturale?

R. – A me sembra che questo sia molto importante: la pienezza dell’umanesimo è nel cristianesimo. Perciò l’uomo "totale" – si direbbe – l’uomo perfetto, è il Signore Gesù: Lui è veramente l’ideale dell’uomo a cui bisogna guardare, a cui bisogna ispirarsi e dal quale bisogna farsi condurre ed entusiasmare. E allora, il cammino dell’uomo diventa realmente un cammino non soltanto di verità e di amore, ma anche di speranza e di donazione per gli altri.

D. – Quale contributo può dare la storia della città alla vita cristiana di oggi?

R. – Io credo che La Pira dal cielo sicuramente esulti. Mi sembra di vederlo, felice, per questa cosa che avviene a Firenze: lui, che ora gode di una felicità di cui non c’è paragone, perché il Paradiso colma anche di felicità. Penso che Firenze, con anche la sua critica, con il suo voler le cose perfette, possa dare comunque un apporto al cristianesimo. O meglio, può far splendere il cristianesimo nella propria vita. Io sono profondamente convinto che è la città che deve dare testimonianza di fede cristiana. Noi sappiamo che, all’inizio, proprio le città sono state il punto di accoglienza della fede cristiana: i “pagi”, nella campagna, erano i pagani poi. Penso che Firenze possa realmente farlo, come del resto tutte le altre città. Ogni città – direi – ha la sua capacità di accogliere la fede e di esprimerla in un umanesimo intero. Ricordo che una volta La Pira, tornando da Gerusalemme, stava parlando con entusiasmo della sua esperienza, e diceva: “Firenze è Gerusalemme!”. Siccome si trovavano a Roma, uno gli fece un’osservazione: “Ma, Professore, siamo a Roma...”. E lui risponde: “Ah, anche Roma è Gerusalemme, tutte le città sono Gerusalemme!”. Sì, in fondo, credo davvero che ogni città è chiamata ad accogliere la fede cristiana e a esprimerla nella sua vita comunitaria.

D. – Firenze può essere la città della misericordia: siamo alla vigilia dell’Anno Santo…

R. – Lo è, la città della misericordia. Lo è, e in una maniera unica che è questa: a Firenze, nel 1244, è nata la “Misericordia”. Si è chiamata così un’Associazione di cristiani, i quali volontariamente si mettono a servizio degli altri. Prima si trattava soltanto di portare i defunti al cimitero, poi in seguito esclusivamente di portare i malati all’ospedale, andare a soccorrere nelle case... È un’istituzione antica – appunto del XIII secolo – che però c’è ancora, a Firenze c’è la “Misericordia”. Credo che la Misericordia, che è un’Associazione, debba in qualche modo darci l’occasione per dire che a Firenze, e in ogni città, deve esserci la misericordia come virtù, questo chinarsi sugli altri per servirli nel loro bisogno.








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