2016-07-07 20:06:00

Mirabelli: un processo accurato che ha fatto chiarezza


Sulla sentenza del Tribunale vaticano ascoltiamo il commento del prof. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale italiana, al microfono di Massimiliano Menichetti:

R. – Anzitutto il numero delle udienze e la durata del dibattimento mostrano l’accuratezza dell’Istruttoria dibattimentale che è stata sviluppata nel Tribunale e la posizione di apertura o meglio la assicurazione dei diritti di difesa che è stata garantita nel corso del processo. Una sentenza che mostra la ponderazione con la quale si è proceduto e l’ampiezza delle garanzie con le quali si è arrivati a questa decisione.

D. – E’ una stranezza o no il fatto che nel Dispositivo si precisi che durante lo svolgimento processuale si è perfezionata l’Istruzione durante il corso del dibattimento…

R. – Il dibattimento serve proprio perché, nella parità delle armi tra Accusa e Difesa, si accertino i fatti, si raccolgano le prove, il Tribunale possa direttamente averne conoscenza e acquisirle e quindi ponderarle e decidere. Perciò è del tutto fisiologico che sia così. Non sminuisce il ruolo dell’Accusa che, ovviamente, ha una ipotesi dalla quale parte con la indicazione delle prove che ritiene sia necessario acquisire; non sminuisce il ruolo della Difesa che, nel dibattimento, esprime la sua massima forza. Mi pare che vi sia stata una Istruttoria dibattimentale molto accurata: molto accurata! Credo che sarebbe davvero da auspicare che in ogni Ordinamento si proceda con questa ponderazione.

D. – Come primo punto è stato dichiarato il difetto di giurisdizione del Tribunale in relazione ai due giornalisti…

R. – Una sottolineatura che nel Dispositivo vi è, che può apparire anche ultronea, ma che è rilevante, è l’affermazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero e alla libertà di stampa, che anche l’Ordinamento Vaticano tutela e che è anzi un fondamento – si dice – di Diritto divino: questa libertà è un fondamento di Diritto divino. Questo rende giustizia delle varie impostazioni, anche acutamente critiche e talvolta strumentali, che sono apparse su diversi organi di stampa in relazione al processo. Questa affermazione appare ultronea forse rispetto al giudizio, ma è una enunciazione forte da parte di un Organo giurisdizionale, il Tribunale vaticano, per quel che riguarda l’Ordinamento vaticano. Quanto, poi, alla affermazione del difetto di giurisdizione, immagino e ritengo che abbia un riferimento alla non territorialità dei fatti in ipotesi commessi e attribuiti ai due giornalisti. E giacché i due giornalisti non sono pubblici ufficiali dell’Ordinamento vaticano e non sono equiparati ai pubblici ufficiali dell’Ordinamento vaticano, non vi è una ultra-territorialità della giurisdizione vaticana. La giurisdizione vaticana si può esprimere per fatti commessi all’estero da persone che non sono cittadini vaticani o che possono anche essere cittadini vaticani, ma che hanno la qualifica comunque di pubblici ufficiali dell’Ordinamento vaticano: in questo caso la ultra-territorialità e la competenza giurisdizionale dei tribunali vaticani varrebbe.

D. – Due le condanne: l’ex segretario di Cosea, mons. Vallejo Balda e la dott.ssa Chaouqui…

R. – La condanna non è per una associazione criminale, ma è per gli episodi che si sono verificati di sottrazione illegittima e illecita di documenti e diffusione illecita di questi documenti. Perciò, appunto, l’art. 116 bis del Codice Penale, che costituisce una innovazione introdotta nel Codice Penale di base nel 2013. Una innovazione legittima, perché viene sanzionata penalmente una attività illecita costituita dalla sottrazione di documenti riservati e dalla loro illegittima diffusione. E’ questo il reato per il quale Vallejo Balda è stato condannato alla pena di 18 mesi di reclusione e per il concorso dell’altra imputata in questa attività illecita commessa dal principale imputato vi è una condanna anche della stessa ad un pena più tenue, 10 mesi di reclusione: una pena la cui esecuzione rimane sospesa.

D. – Pene più miti rispetto a quelle chieste dal Promotore di Giustizia, dall’Accusa…

R. – Pene più miti rispetto a quelle chieste dal Promotore di Giustizia, anche una valutazione in parte diversa dei fatti. Ma questo è fisiologico nel processo: basta frequentare le aule di giustizia, le aule anche di giustizia italiane, per vedere come assai spesso le pene erogate dall’organo giudicante siano inferiori a quelle richieste dal Pubblico Ministero; qualche volta può accadere anche che le pene erogate siano superiori a quelle richieste dal Pubblico Ministero, in casi – a volte – davvero singolari.

D. – Professore, la libertà di stampa sembra essere entrata in questo procedimento in un modo singolare…

R. – La libertà di stampa non è mai stata oggetto di limitazione, né era una offesa alla libertà di stampa il processo, che riguardava – anche nella prospettiva dell’Accusa – non la pubblicazione di libri, la critica, le informazioni diffuse, ma riguardava la sottrazione illegittima di documenti, sottrazione alla quale – nell’ipotesi dell’Accusa – avrebbero partecipato, concorrendo moralmente ad essa, i due giornalisti. La pubblicazione non era l’oggetto del giudizio, ma la illegittima acquisizione dei documenti. Ci sono state molte posizioni nella stampa, di critica a questo processo, quasi come se fosse un processo diretto a conculcare la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di stampa. Non è stato mai cosi! La decisione lo manifesta: la decisione del Tribunale lo manifesta. Forse un atteggiamento più sereno da parte della stampa – starei quasi per dire più responsabile – sarebbe stato opportuno. Quelle posizioni critiche vengono smentite da questa decisione.

D. – Il processo lancia anche un messaggio. Cosa ci insegna?

R. – Direi questo: anzitutto il processo ha offerto una occasione di chiarezza. Il processo non solo era giustificato, ma si è concluso con una condanna. Perciò i fatti erano illeciti e costituivano il reato, appunto, previsto dalle norme penali, dall’art. 116 bis del Codice Penale Vaticano. In conclusione che cosa si può dire? Un processo molto accurato, che ha fatto chiarezza, che ha distinto le singole posizioni con una sentenza che potrà anche essere impugnata sia dalle parti private, se ritengono non soddisfatte le loro richieste, sia dalla parte pubblica, dal Pubblico Ministero, se ritiene – anche il Pubblico Ministero – che non sia soddisfacente la soluzione data e le motivazioni che saranno offerte dal Tribunale quando la sentenza sarà depositata. Ecco, mi attenderei che all’esito della decisione del Tribunale ci siano commenti di rettifica rispetto alle posizioni che in passato sono state assunte, di critica forte, nei confronti di questo processo, della esistenza di questo processo, mentre c’era solamente da attendere che la decisione ci fosse, come c’è stata ora.








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