Il settimo angelo, il mosaico che tutti credevano fosse andato distrutto, è stato ritrovato. È questa l’ultima scoperta dell’azienda italiana Piacenti che sta guidando i restauri nella Basilica della Natività a Betlemme. Ritenuta perduta, l’opera è stata recuperata grazie alla termografia, che consente di scandagliare superfici solide alla ricerca di opere sottostanti nascoste. Dei 2 mila metri quadrati di mosaici originali all’interno della Basilica, è stato possibile salvarne circa 200 metri. La scoperta dell’angelo, un mosaico alto quasi 3 metri, si aggiunge così agli altri ritrovamenti all’interno della chiesa costruita sopra la Grotta dove è nato Gesù. Michele Ungolo ha intervistato Silvia Starinieri, la giovane restauratrice alla quale si deve il merito del ritrovamento:
R. – I lavori della Basilica sono iniziati nel settembre 2013 con il primo lotto assegnatoci: il restauro del tetto e delle finestre.
D. – Si pensava che il settimo angelo fosse andato distrutto insieme a gran parte dei duemila metri quadrati del mosaico originario. Come è avvenuta questa scoperta?
R. – Dalla letteratura e dalle fonti storiche sapevamo che, nel corpo centrale della struttura della Chiesa, c’era in origine il rivestimento a mosaico. E quindi probabilmente, nell’intervento di rifacimento degli intonaci del 1800, questi erano stati occultati. Attraverso la tecnica della termografia, mentre analizzavamo lo stato di fatto dell’intonaco per vedere se ci fossero eventuali distacchi, degradi ecc., stavamo anche attenti all’eventuale presenza di altro materiale al di sotto dell’intonaco. Abbiamo trovato tante tracce intorno ai mosaici che già c’erano; poi – effettivamente – sì, nel lato Nord della navata centrale, dopo tante settimane, abbiamo ritrovato un intero angelo.
D. – Davanti alla parete apparentemente spoglia, qual è stato il suo primo pensiero, quando è riuscita a trovare qualcosa di rilevante?
R. – Erano trascorse tante settimane da quando avevamo iniziato le ricerche. E siccome dalla termocamera non si riescono a vedere le tessere, ho visto un’area di colore diverso dal resto che mi indicava un’altra temperatura rispetto alla materia che c’era dentro: poteva essere malta, un rivestimento o un altro riempimento… La vera emozione è stata quando il restauratore ha rimosso l’intonaco con il martellino e lo scalpello ... e sono venute fuori davvero le tessere dorate.
D. – Cosa ha provato in quel momento?
R. – Quella è stata una gioia infinita… Tutte le emozioni del mondo! Avevamo voglia di gioire e così è stato. E poi speravamo davvero che fosse un’intera figura. E così è stato davvero: anche se è molto degradata - mancava quasi mezzo volto e quasi tutte le gambe – però si parla comunque di un frammento di due metri quadri e mezzo.
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