2016-07-04 13:12:00

Dal Toso: Cor Unum, sessione di formazione per aiuti in Siria


Non solo organizzare al meglio i progetti portati avanti dagli organismi di carità e dalle diocesi impegnati nell’aiuto umanitario in Siria, in Iraq e nelle crisi mediorientali in genere, ma anche un’occasione di incontro e di dialogo aperto. Questo il senso della sessione di formazione per il personale diocesano in Siria che si occupa dell’attività caritativa, organizzata dal Pontificio Consiglio Cor Unum, con la collaborazione del Catholic Relief Service, di Aiuto alla Chiesa che Soffre e di Missio. L’appuntamento si è svolto nei giorni scorsi a Beirut, in Libano, alla presenza di 11 vescovi e del nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, oltre che di rappresentanti diocesani e di numerosi istituti religiosi. Un’occasione anche per fare il punto sull’impegno della Chiesa cattolica nell’area, dopo che nel solo 2015 le sue istanze hanno mobilitato più di 150 milioni di dollari. Agli incontri ha partecipato mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum. Giada Aquilino lo ha intervistato:

R. – Questa sessione di formazione nasce da una proposta emersa nel corso delle nostre riunioni di coordinamento: Cor Unum, da alcuni anni, svolge annualmente una riunione di coordinamento tra i grandi attori cattolici che stanno compiendo un’azione umanitaria in Siria, in Iraq e nei Paesi limitrofi. Nel contesto di questi incontri è stata richiesta da parte delle agenzie e degli organismi locali una possibilità di essere formati più dettagliatamente sulla preparazione, sull’implementazione e sulla rendicontazione di progetti. Quindi una questione molto tecnica, ma che bisogna affrontare proprio perché migliore è la qualità dei nostri interventi, maggiore è anche la possibilità di accedere ai fondi di finanziamento. Vorrei rilevare che il primo grande successo di questa iniziativa è stato il fatto che per la prima volta si sono raccolte queste persone, le quali hanno potuto conoscersi e avere la possibilità, insieme, di condividere le loro preoccupazioni e i loro obiettivi. In questo senso per noi è stata molto importante l’adesione così alta dei vescovi, ce n’erano 11. Questa occasione di incontro e di condivisione è davvero cruciale, perché solo se affrontate insieme queste sfide si possono risolvere.

D. – Proprio ascoltando gli operatori che sono impegnati sul campo, ma anche i vescovi, il nunzio - l’arcivescovo Zenari - che situazione è emersa della Siria?

R. - Evidentemente è una situazione disastrosa che ci supera tutti e supera chiaramente anche i vescovi, il personale religioso e quello laico che sta lavorando. La cosa più importante sarebbe trovare il prima possibile una pace, una riconciliazione per questo Paese che è veramente devastato dalla guerra. È ovvio che - finché non si arriverà ad un tavolo di pace, a trattative per una una soluzione del conflitto - la Chiesa è impegnata come può a sollevare la situazione delle persone. Gli ambiti di lavoro sono diversi. Il primo è quello di dare da mangiare: dai dati che abbiamo, il primo grande sforzo ancora è quello di assicurare la sopravvivenza, dando da mangiare e da bere. Ed è un grande impegno che si sta portando avanti con i generi di prima necessità. Poi sono emersi altri tre settori che a me sembrano importanti. Il primo: l’educazione, quindi garantire l’istruzione ai bambini perché è chiaro che con questa forte mobilità interna e anche esterna per le famiglie è difficile mandare i figli a scuola. Il secondo: è molto importante - e i vescovi lo hanno sottolineato - garantire gli affitti delle case per quelle zone dove si può vivere ancora tranquillamente. Questa crisi, questa guerra ha provocato un forte impoverimento ed è importante - se vogliamo che i cristiani restino - aiutarli molto semplicemente a pagare l’affitto di casa. Terzo: garantire un lavoro, perché evidentemente in questa situazione molto fluida è difficile trovare delle occupazioni. Quindi sarebbe opportuno individuare delle piccole forme di lavoro – e già si sta cominciando – che diventino fonti di reddito.

D. – C’è un progetto o una storia che l’ha colpita in particolare?

R. – Sono stato molto colpito - al di là dei colloqui che ho avuto con i vescovi e con il personale religioso e delle diocesi che lavora nel settore umanitario – da incontri che ho avuto in alcuni Centri di Caritas Libano: Caritas Libano sta facendo un grande lavoro e non solo con i profughi siriani, ma anche con altre fasce della società. Ho incontrato delle donne che – in trenta, quaranta - stanno seguendo un corso di formazione presso Caritas Libano: donne che sono fuggite dall’Iraq e dalla Siria. Quando ho chiesto loro “Tornereste nel vostro Paese, una volta ristabilita la pace?”, con mia sorpresa la maggior parte ha detto di no: ma non per ragioni economiche o di sicurezza, ma per il clima di libertà di cui adesso possono godere. E questo mi fa pensare che l’uomo, alla fine, questo cerca: la libertà di poter essere se stesso, di potersi esprimere, di potersi muovere… Penso che abbiamo davanti un grande lavoro: quello di creare un tessuto sociale, di creare anche delle istituzioni che garantiscano alla persona la possibilità di essere se stessa.

D. – Questo corso di formazione dimostra la sollecitudine del Papa e della Santa Sede per il Medio Oriente, per i cristiani della regione, per le popolazioni locali. Com’è stato accolto?

R. – Al di là di quello che si fa con l’aiuto in denaro, con l’aiuto in mezzi, quello che veramente viene apprezzato è l’incontro personale, il fatto che ci sia un interesse personale e che ci sia anche un interesse fattivo per venire incontro alle necessità di questa Chiesa. Devo anche dire che un aspetto da non trascurare è quello della testimonianza: non si tratta solamente di fare del bene, ma in moltissimi casi quest’azione sta diventando una grande testimonianza di Cristo, del fatto che la Chiesa cattolica aiuta tutti, senza distinzione, e intende costruire dei ponti, andare incontro all’altro, al di là della sua appartenenza religiosa, culturale o sociale. E ciò è poi quello che sta molto a cuore a Papa Francesco.

D. – Che bilancio tracciare alla fine di questa sessione di formazione?

R. – È stata un’iniziativa straordinaria, data anche l’unicità del momento. Ad oggi, abbiamo i dati dell’Onu che ci dicono che in questi cinque anni di guerra sono morte più di 400 mila persone e che in Siria e in Iraq ci sono 21 milioni di persone a rischio. Quindi è veramente una situazione tragica, alla quale abbiamo voluto rispondere – nel nostro piccolo – con questo seminario. È la prima volta che, insieme a tre organismi, il Catholic Relief Services, Aiuto alla Chiesa che Soffre e Missio, il Pontificio Consiglio Cor Unum organizza una sessione di formazione di questo tipo. Ciò rientra nelle iniziative che stiamo portando avanti per l’area. La prossima sarà il 29 settembre prossimo, quando avremo una nuova riunione di coordinamento per tutti i soggetti che stanno intervenendo a nome della Chiesa cattolica in questi Paesi.








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