“Benedetto XVI è stato un rivoluzionario. La sua rinuncia è stata il suo ultimo atto di governo”: così Papa Francesco, in un’intervista rilasciata al quotidiano argentino “La Nacion”. Nel colloquio, il Pontefice affronta temi specifici del suo Paese d’origine, ribadendo di non avere “alcun problema con il presidente Macri”. Il servizio di Isabella Piro:
Rinuncia di Benedetto XVI non dovuta a questioni personali
È martedì 28 giugno quando Papa Francesco rilascia l’intervista al quotidiano argentino “La Nacion”. Ed è proprio il giorno in cui Benedetto XVI celebra, pubblicamente, i suoi 65 anni di ordinazione sacerdotale. “Un rivoluzionario”, lo definisce Papa Bergoglio: “La sua generosità è stata impareggiabile. La sua rinuncia, che rese palesi tutti i problemi della Chiesa, non ha avuto nulla a che fare con questioni personali. È stato un atto di governo. Il suo ultimo atto di governo". Riguardo allo stato di salute del Papa emerito, Francesco sottolinea: "Ha problemi per muoversi, ma la sua mente e la sua memoria sono intatte, perfette."
Nessun problema con Macri. Non mi piacciono
i conflitti
Poi, l’intervista si sposta sulla realtà dell’Argentina,
in particolare sui rapporti tra il Pontefice ed il presidente Mauricio Macri. Rapporti
che il clima politico argentino presuppone freddi, distaccati. Ma Francesco afferma:
“Non ho alcun problema con il presidente Macri. Non mi piacciono i conflitti. Macri
mi sembra una persona di buona famiglia, una persona nobile”. Ricorda, poi, di aver
avuto qualche confronto con lui in passato, ma si è trattato di “una sola volta, a
Buenos Aires”, durante i sei anni in cui Macri è stato a capo del governo della città
e Bergoglio ne è stato arcivescovo. “Una sola volta in tanto tempo è una media molto
bassa”, sottolinea il Papa. Altri problemi, aggiunge, “sono stati discussi e risolti
in privato e questo accordo di riservatezza è stato rispettato da entrambi”. “Non
ho alcun rimprovero personale da fare al presidente Macri”, ribadisce.
L’udienza con Hebe de Bonafini, leader
della Madri di Plaza de Mayo
Il Papa risponde, poi, ad una domanda sull’udienza
concessa ad Hebe de Bonafini: la donna è leader del ramo più intransigente delle Madri
di Plaza de Mayo ed in passato ha criticato Papa Francesco accusandolo, falsamente,
di aver collaborato con il regime militare. La donna si è poi ricreduta ed ha ammesso
pubblicamente di aver sbagliato. L’udienza concessale “è stato un gesto di perdono
– spiega Francesco – Lei mi ha chiesto perdono ed io non glielo ho negato”, perché
il perdono “non si nega a nessuno”. “È una donna – aggiunge – alla quale hanno ucciso
due figli. Ed io mi inchino, mi inginocchio davanti a tanta sofferenza. Non importa
ciò che ha detto di me. Ed io so che ha detto cose orribili, in passato”.
Sala Stampa vaticana, unico portavoce del
Papa
Riguardo alle voci sulla presenza, in Argentina, di
un portavoce vaticano diverso dalla Sala Stampa, Francesco spiega: “Non ci sono altri
portavoce ufficiali, né in Argentina, né in altri Paesi. Lo ripeto: la Sala Stampa
del Vaticano è l’unica portavoce del Papa”. Un’ulteriore domanda riguarda le Scholas
Occurrentes, la Fondazione privata, riconosciuta dalla Santa Sede, nata a Buenos Aires
oltre 15 anni fa per impulso dell’allora arcivescovo Bergoglio ed impegnata nella
formazione dei giovani. Recentemente, il Pontefice ha invitato i responsabili dell’organismo
a non accettare una donazione in denaro da parte del governo.
Le Scholas Occurrentes
Ma non si è trattato di una decisione “contro il governo
di Macri”, sottolinea il Papa: “Questa interpretazione è assolutamente sbagliata.
Non alludevo in alcun modo al governo. Ho solo detto ai responsabili delle Scholas,
con affetto, ciò che potesse aiutarli ad evitare eventuali errori nella gestione della
Fondazione”. “Continuo a credere – spiega infatti il Papa – che non abbiamo il diritto
di chiedere soldi al governo argentino che ha tanti problemi sociali da risolvere”.
Voglio una Chiesa aperta e comprensiva
Infine, rispondendo ad una domanda sugli “ultraconservatori
della Chiesa”, Papa Francesco afferma: “Loro fanno il proprio lavoro e io faccio il
mio. Io desidero una Chiesa aperta, comprensiva, che accompagni le famiglie ferite.
Loro dicono no a tutto. Io continuo dritto per la mia strada, senza guardare di lato.
Non taglio teste. Non mi è mai piaciuto farlo. Lo ribadisco: rifiuto il conflitto.
I chiodi si rimuovono facendo pressione verso l'alto. Oppure si lasciano da parte
per il riposo, quando arriva l'età del pensionamento".
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