2016-07-02 16:27:00

Expatrie: una mostra di Iginio De Luca sul tema dell'abitare


E’ stata appena inaugurata, alla Casa dell’Architettura a Roma, la mostra dell’artista Iginio De Luca intitolata “Expatrie”. Rimarrà aperta fino al 26 luglio. Elaborazioni fotografiche, un video, disegni sul tema dell’abitare e dell’appartenenza, ma anche sulla difficoltà di avere certezze come succede a chi vive, appunto, da espatriato. De Luca, che è anche musicista, attore e insegna all’Accademia di Belle Arti a Torino, si è specializzato in video, installazioni e performance a forte carattere sociale. Al microfono di Adriana Masotti racconta come ha pensato al progetto “Expatrie”:

R. – Il progetto nasce esattamente un anno fa, nel contesto di “Metropoliz” che sono degli spazi ex-industriali dello stabilimento “Fiorucci” in Via Prenestina a Roma. “Metropoliz” è un agglomerato di case, ricavate appunto da spazi industriali – quindi sono spazi abusivi – occupati da famiglie di varie nazionalità: da peruviani, da famiglie di etnia rom, da donne eritree e così via. Ci sono anche famiglie italiane.

D. – Qual è la proposta di riflessione che sta alla base di questo progetto?

R. – Sono tanti, gli spunti, tante le tematiche che si aprono sotto questi aspetti dell’abitare, oggi più che mai attuali, con tutte le storie di immigrazione, di confronti, di differenze razziali. Storie simili le abbiamo qui, dietro casa. Il mio intento è quello di lavorare sempre artisticamente e poeticamente su tematiche molto scottanti, attuali e sociali, anche politiche. Quindi ridare dignità, visibilità, riconoscibilità a famiglie e a persone che non hanno queste caratteristiche. Quindi, diciamo: ufficializzare vite umane che sono ai margini, renderle protagoniste.

D. – Prima di realizzare i suoi lavori, lei ha incontrato le famiglie, le persone all’interno delle loro case. Che esperienza è stata?

R. – E’ stata un’esperienza molto emozionante e coinvolgente per il semplice fatto che ogni volta che varcavo la soglia di una casa e di una famiglia, mi ritrovavo in un Paese straniero. Quindi ho fatto una serie di viaggi, spostandomi solo di qualche metro. In ogni casa c’erano le memorie, i sapori, gli odori di una nazione differente dalla mia: veramente, un viaggio oltre i confini … poetico ed emozionante, lo definirei.

D. – Che cos’è la casa, per le persone che ha incontrato?

R. – La casa è tutto; la casa è identità, riconoscibilità, rifugio e al contempo può diventare prigionia; la casa è memoria: racconta di avventure verso l’ignoto, appunto verso l’incertezza; la casa rappresenta tanti significati possibili, legati a ogni storia familiare, a ogni storia personale.

D. – Ci può descrivere una delle fotografie, quella che magari le sta più a cuore o che le piace di più?

R. – La foto rappresentativa, che poi è stata scelta anche come immagine che gira su internet o sui comunicati stampa, è quella di una famiglia peruviana; un’immagine verticale, una fotografia che inquadra tutta la famiglia: mamma, papà, i due figli – un maschietto e una femminuccia – che sono in posa trionfante, orgogliosa sullo sfondo di un muro decorato lì, a Metropoliz; e in sovrimpressione c’è la planimetria della loro casa che si sovrappone proprio alla fotografia di questa famiglia. Quindi in questo caso identifico la pianta, la planimetria come una possibilità di identificare la famiglia e la sua personalità.

D. – La sua iniziativa, oltre ad essere una tappa del percorso che sta facendo come artista, rientra anche nel programma del “MAAM”, Museo dell’Altro e dell’Altrove. Si parla molto oggi del rapporto con l’altro, con il diverso. Lei pensa quindi che l’arte, in tutte le sue forme, possa contribuire a una maggiore crescita su questi temi?

R. – Sì: nella mia visione un po’ utopistica penso di sì. Essendo un artista ho anche una grande fede, una grande speranza, anche se sono tematiche molto delicate. Io, però, lancio una sfida: l’arte può incontrare tematiche politiche e sociali, sempre da un punto di vista artistico e – perché no? – trovare una via di soluzione tra queste due entità, questi due contesti. Perché no? La mia sfida, con questa mostra, è proprio di rilanciare il contatto tra la tematica sociale e l’ispirazione artistica e vedere come questi due elementi possano  andare insieme e trovare  una strada vincente.








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