2016-07-01 10:50:00

Gioco d'azzardo patologico: l'impegno della Caritas italiana


Ieri a Roma si è svolto il primo incontro a livello nazionale che ha coinvolto circa 40 Caritas diocesane per fare il punto della situazione riguardo il fenomeno del gioco d’azzardo patologico in Italia. Per l'occasione sono stati presentati i progetti di intervento, le esperienze realizzate e possibili lavori comuni. Fondamentale il ruolo del Governo e del Parlamento Italiano nella lotta alla dipendenza dal gioco d'azzardo per ostacolare e prevenire questa patologia. Gioia Tagliente ne ha parlato con Diego Cipriani, responsabile dell’Ufficio promozione umana di Caritas Italia:

R. – Questo nuovo problema, che è quello del gioco d’azzardo patologico, sta interessando soprattutto alcune fasce vulnerabili della nostra popolazione; in particolare, preoccupano i giovani e gli anziani. Soprattutto con il gioco on-line, che si sta diffondendo a macchia d’olio un po’ in tutta Italia, sono proprio i giovanissimi – parliamo di adolescenti – che sono i più esposti a questa patologia. E quindi le Caritas diocesane stanno cercando di fare fronte a questa situazione, mettendo in campo le loro forze e l’attenzione soprattutto nei confronti degli altri soggetti che sul territorio possono fare rete. 

D. – Esistono dei progetti di recupero? Qual è l’impegno reale della Caritas e quali sono gli obiettivi già raggiunti? 

R. – Molti dei progetti che le Caritas stanno compiendo sono progetti finanziati con l’8 per mille. In questo caso, si cerca di lavorare soprattutto sulla prevenzione. Ci sono, ad esempio, delle Caritas che hanno organizzato incontri nelle scuole, nelle parrocchie o nei Centri giovanili proprio per animare e sensibilizzare i giovani sui rischi del gioco d’azzardo patologico. Ma ci sono anche delle esperienze che, ad esempio, vanno a incontrare i gruppi degli anziani. Dipendere da questa patologia può provocare rischi, non solo alla salute fisica ma soprattutto alla salute mentale.

D. - Complice una scarsa informazione. Come fare per sensibilizzare di più gli italiani sull’argomento?

R. – Parlandone di più. Se vediamo i giornali, purtroppo notiamo come siano solo alcuni i quotidiani che parlano di queste cose, invece gli altri lo fanno solo con piccoli spazi o quando succede una tragedia. Invece bisogna cercare, e questo lo possono fare non solo i mezzi di comunicazione ma anche le agenzie educative: pensiamo alla scuola, ma anche alle associazioni e alla Chiesa, di mettere in guardia dai pericoli della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico. E soprattutto, poi, bisogna fare in modo che anche le leggi e anche le amministrazioni cerchino di porre freno a questo dilagare. Purtroppo, come ha ricordato anche il card. Bagnasco, a maggio, nella prolusione al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, lo Stato purtroppo gioca una partita – in questo caso – non sempre chiara. Avevamo sperato – ad esempio – che con le nuove leggi il numero di “slot machine” fosse ridotto, ma in realtà abbiamo visto che è semplicemente aumentati. E quindi chiediamo che anche il Governo e il Parlamento pongano mano alla legislazione in modo tale che lo Stato non ci guadagni, da questo mercato.

D. – Quindi, ci vorrebbe un maggiore impegno da parte del Governo nel prevenire e ostacolare il gioco d’azzardo in Italia?

R. – Si potrebbe dare un maggiore potere ai comuni e alle amministrazioni, in modo tale che sul territorio venga ridotto e vengano rispettati alcuni parametri come ad esempio la distanza da alcuni luoghi sensibili. Non dimentichiamo che se lo Stato dice di guadagnare 8-9 miliardi di euro all’anno da questo mercato del gioco d’azzardo, in realtà poi i costi sociali sono molto superiori, basti pensare ai costi sanitari.

D. – Quali sono i progetti futuri della Caritas in questo senso? 

R. – Stiamo cercando di mettere insieme le esperienze che si stanno diffondendo in tutta Italia. Pensiamo a un coordinamento nazionale di tutte le Caritas diocesane che lavorano su questo, e quindi sotto l’ombrello “Caritas” nascerà prossimamente un progetto nazionale proprio per coordinare lo sforzo che le Chiese in Italia stanno facendo su questa nuova povertà.








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