2016-06-30 12:18:00

Violenze in Mali: rafforzata missione Onu in chiave antiterrorismo


Proseguono gli attacchi di forze ribelli nel nord del Mali. Tre soldati sono morti e sei sono stati feriti ieri nei pressi della città di Timbuctu, nello stesso giorno in cui il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha rinnovato di un anno il mandato della Missione di mantenimento della pace (Minusma), insediatasi nel Paese africano tre anni fa, a seguito di un colpo di Stato nel 2012, rientrato anche grazie all’intervento di una coalizione internazionale capeggiata dalla Francia. Roberta Gisotti ha intervistato Enrico Casale, responsabile News del sito Africarivista.it:

L’Onu resta nel Paese ritenuto ora il più rischioso tra quelli presidiati dai caschi blu, con un mandato rafforzato di oltre 2500 elementi, in totale più di 15 mila tra militari e poliziotti e con nuove regole d’ingaggio finalizzate alla lotta terroristica.

D. Cosa sta accadendo nel Mali?

R. – La crisi del Mali scoppia nel 2012. Fino ad allora era considerato un Paese relativamente tranquillo, con un sistema democratico che funzionava. Nel 2012, anche grazie alle armi provenienti dalla Libia - che dopo la morte di Gheddafi proseguiva in quella guerra civile che la devasta ancora oggi - è ripresa una lotta storica tra le popolazioni del sud del Mali e quelle del nord, in particolare i Tuareg. In questa lotta si è infiltrato anche il jihadismo islamico, che ha affiancato i Tuareg nella lotta contro il sud, e ne ha gradualmente preso il posto. L’intervento francese è riuscito a liberare le principali città del nord, ma non è riuscito a sconfiggere completamente i movimenti ribelli, che si muovono a loro agio tra l’Algeria e il Mali.

D. – La missione dell’Onu ha quindi adesso un carattere finalizzato alla lotta al terrorismo?

R. – Sì, ci sarà una collaborazione tra tutte le forze - quelle dell’Onu, quelle francesi e  dell’esercito maliano – per contrastare i movimenti che operano soprattutto nel nord. Va tenuto presente che questi ribelli si muovono molto tra il Mali e l’Algeria; non è un caso che proprio in questi giorni siano stati ritrovati dei grossi arsenali nel sud dell’Algeria: il ritrovamento è stato fatto dai militari di Algeri, che, anch’essi, dalla loro parte, combattono l’espandersi di questi movimenti.

D. – Ma c’è il rischio concreto che anche il nord del Mali possa trasformarsi in una roccaforte del sedicente Stato Islamico?

R. –  Il rischio è complessivo, nel senso che in Libia le forze del governo legittimo, e in parte quelle del governo di Tobruk, stanno combattendo contro l’Is, che ha le sue basi nei dintorni di Sirte. Si teme che questi ribelli islamici riescano a sganciarsi dal nord e riposizionarsi nella fascia saheliana. Quindi c’è il timore che anche il Mali possa diventare una delle roccaforti di questo jihadismo, il rischio è forte. Comunque le potenze occidentali, e in gran parte anche gli eserciti locali, stanno cercando di contenere al massimo l’espandersi dell’Is. E vengono utilizzati tutti i mezzi possibili: la Francia ha addirittura dispiegato in Mali e nel Niger una piccola flotta di droni, con la quale combatte i miliziani jihadisti. 








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