2016-06-27 13:45:00

Brexit: diplomazia europea si mobilita per il futuro dell'Ue


L’Europa del dopo referendum Brexit si interroga sul futuro delle istituzioni comunitarie. Oggi pomeriggio vertice a Berlino tra Renzi, Merkel e Hollande. Anche il segretario di Stato Usa Kerry vola a Bruxelles per incontrare l’Alto rappresentante per la politica Estera europea Mogherini. Intanto, la Commissione europea resta alla dichiarazione dei quattro presidenti letta da Jean Claude Juncker venerdì scorso secondo cui "ci aspettiamo che venga notificato al più presto l'art.50 per avviare l’uscita dall’Ue. Lo afferma il portavoce, Margaritis Schinas, precisando che per la Commissione "non ci sarà alcun negoziato" con la Gran Bretagna "se non sarà stato prima notificato l'art.50". Sul fronte interno, per il primo ministro scozzese Sturgeon il parlamento di Edimburgo potrebbe opporre il veto al voto di uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Elvira Ragosta ne ha parlato con Christian Blasberg, docente di Storia Contemporanea alla Luiss:

R. – Io ritengo che le chances di andare a referendum siano abbastanza alte. Questo partito indipendentista in Scozia sicuramente ha preso forza e questa cosa potrebbe sicuramente avere il sopravvento nell’opinione pubblica. Dall’altra parte, però, avevo visto un commento, durante la notte elettorale tra giovedì e venerdì, che proprio il partito nazionalista scozzese si era impegnato poco in quella campagna per evitare il “Brexit” e questo gli è stato un po’ rimproverato. Però, visto che con il “Brexit” le cose si sono messe in moto in maniera abbastanza drammatica, credo che anche la Scozia potrebbe certamente avviare questo processo verso l’indipendenza dall’Inghilterra, che sarebbe un altro grande colpo storico all’assetto dei Paesi europei e dell’Unione Europea in quanto tale.

D. – Intanto, sul sito del Parlamento inglese continua la raccolta di firme da parte di quei cittadini delusi dai risultati del referendum, per chiedere una nuova consultazione elettorale sulla “Brexit”. Quanto è possibile tecnicamente un nuovo referendum?

R. – A breve termine, credo che non sarà possibile. Certamente, questi cittadini che adesso raccolgono queste firme sono ovviamente persone che già giovedì scorso hanno votato per il “Remain”, quindi per rimanere nell’Unione Europea, quindi sono persone che sicuramente erano abbastanza sicure che il “Remain” avrebbe vinto e adesso sono scioccate per il fatto che invece non ha vinto e si mobilitano. Però, se uno guarda, per esempio, la carta geografica e verifica dove soprattutto questa raccolta di firme ha molto avuto successo, finora, vede che questo riguarda la città di Londra – quindi, pro-europea – ma anche i centri universitari e i loro dintorni, come i centri di Cambridge e Oxford e alcuni altri, quindi luoghi dove si concentra un po’ l’Inghilterra borghese. Mentre questa campagna ancora ha poco successo nei centri industriali e nei centri rurali, i quali erano invece a favore del “Brexit”. Credo che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che una parte consistente di quelli che hanno votato a favore del “Brexit” possano cambiare opinione. Sicuramente la società britannica è molto divisa, molto spaccata e questo “Brexit” ha portato una rottura profondissima tra i vari ceti della società inglese: questo sì. Quindi, sicuramente la drammaticità dell’evento si sta vedendo anche in questa massa di firme che sono state raccolte.

D. – Lo choc europeo del dopo-referendum ha messo in luce una serie di problematiche relative al ruolo politico ed economico dell’Unione Europea. Da più parti si chiedono cambiamenti importanti per rafforzare l’Unione. Come proseguire, come ipotizzare un rafforzamento?

R. – E’ difficile da dire. Sicuramente molti commentatori in questi giorni puntano sul fatto che l’Europa non ha capito i suoi cittadini e gran parte dei cittadini si sente poco rappresentato dalle istituzioni europee e che quindi in questa direzione sicuramente bisogna fare qualcosa. Dall’altra parte, certo, abbiamo in questi giorni i vertici: oggi abbiamo l’incontro a tre tra Merkel, Hollande e Renzi e quindi ci sono diverse iniziative. Certo, finché il cittadino mantiene questa idea che l’Europa va avanti da un vertice all’altro, che praticamente gli affari europei  - in qualunque senso – siano gestiti soltanto dai soliti ceti governativi che sono in ogni Paese abbastanza screditati, non solo in Italia: anche in Francia, il governo sta messo molto male, in Germania sta perdendo colpi e così via … Ci vuole veramente un processo che incominci veramente a integrare i cittadini nel processo del fare decisioni, in qualunque senso queste decisioni vadano. Ma il cittadino dev’essere interpellato, deve essere coinvolto in questo processo di decisioni. Certamente, bisogna aumentare, bisogna rafforzare il senso di identità con l’Europa; l’Europa finora è stata praticamente un’entità riguardo cui il cittadino si poneva soltanto la domanda: “Cosa può fare l’Europa per me”, e se la risposta è negativa – “l’Europa non può fare niente per me” – allora a questo punto “l’Europa a me non serve, se esco non mi interessa”. Se, invece, si arriva a vedere l’Europa come un ideale al di sopra delle condizioni economiche che si possano creare e ci si chiede, quindi, “cosa posso fare io a favore dell’Europa, per migliorare l’Europa, per cambiare l’Europa senza mettere in questione l’Europa in quanto tale”, questo dovrebbe essere un obiettivo da raggiungere!








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